(Alessia Brogi)
Fate attenzione alle “leggine”: poche righe inserite in un provvedimento di più ampia portata e ti cambia il mondo. Quando poi il cambiamento favorisce pochi e svantaggia molti i risultati possono essere dolorosi. Il 21 gennaio scorso il Governo ha licenziato il testo di un decreto legislativo, approdato al Parlamento per il prescritto parere, all’interno del quale c’è un codiccillo secondo cui chi compra la casa contraendo un mutuo, dopo sette rate non pagate si vedrà l’appartamento espropriato dalla Banca e venduto all’asta. In un periodo di crisi, di aziende che chiudono i battenti e di difficoltà a mantenere il posto di lavoro, non si può certo dire che si tratti di un provvedimento ispirato dal principio di solidarietà sociale (salvo voler sostenere che la solidarietà verso le banche vale allo stesso modo).
In sostanza cosa succederà? Il proprietario dell’immobile, in difficoltà economica, non paga per sette volte; la banca si prende la casa e la vende a prezzi di mercato (misura alquanto variabile e suscettibile di oscillazioni). La differenza tra costo del mutuo (su cui il beneficiario ha magari già pagato spese istruttorie, estimo, e gli interessi elevati propri della fase iniziale del pagamento) e prezzo di vendita viene corrisposta al proprietario espropriato.
Ma se c’è ipoteca è possibile anche ora per la banca impossessarsi dell’immobile, si osserverà: sì, ma, allo stato dell’attuale disciplina, lo sblocco dell’ipoteca avviene con l’obbligatorio intervento del giudice. Risultato? Chi, in difficoltà economiche non paga il mutuo perde la casa e le banche assumono un improprio ruolo di intermediario del mattone.
Sul problema immobiliare ed abitativo andrebbe studiata una strategia globale.