L’EUROPA DEI SOGNI
L’Europa democratica dei cittadini? L’Europa delle garanzie giurisprudenziali a difesa dei diritti sociali? L’Europa delle classi più deboli ed emarginate? L’Europa organizzata dell’accoglienza e della solidarietà? L’Europa veramente rappresentativa dei singoli Stati membri, come unità politica compiuta?
L’elenco degli interrogativi sull’entità dell’Europa e dei suoi denotati politici occuperebbe molte pagine e con risposte magari non sempre esaustive, attesa la complessità della situazione.
Tuttavia soffermarsi su alcuni punti è possibile oltre che d’obbligo per chi vuole intraprendere un percorso politico.
Una delle litanie che meglio risponde al sistema dei diritti instaurato a livello europeo, cavallo di battaglia del funzionalismo europeista, ribadisce senza appello “i sacrifici sono necessari per rientrare nei parametri di Maastricht perché ce lo chiede l’Europa”: che significa che per evitare che il deficit salga a dismisura, il rapporto tra deficit e PIL non deve sfiorare il 3 per cento. Per i singoli Stati membri rappresenta il massimo del decisionismo con il minimo della responsabilità politica diretta verso i propri cittadini. “In nome dell’Europa, non ci rimane che stringere la cinghia e fare sacrifici”. Sacrifici che riguardano soprattutto gli Stati già economicamente più deboli: vedi la Grecia, ma non è molto più vigorosa l’Italia.
Dunque non un Europa come un grande Stato Sociale, attento alle esigenze dei suoi popoli, ma un Europa i cui diritti sono inesorabilmente funzionali al mercato comune, ai poteri finanziari, al capitale, in aperta concorrenza al liberalismo statunitense. “Un mercato aperto e una libera concorrenza è la magica formula per l’unificazione europea. Un imposizione tecnocratica Urbi et Orbis da Maastricht in poi”. Un Europa in cui il mix consiste in un massimalismo giuridico e un minimalismo politico. E per chi viola il diritto comunitario ed il suo spirito mercantile, implacabile, la Corte di Giustizia (organo delle garanzie giurisprudenziali ma con input di carattere politico) interviene prontamente per ripristinare l’ordine giuridico.
Una comunità di popoli europei sempre più allargata, ma nella quale, le regole del gioco politico ed economico, non sono determinate dal popolo ne tanto meno dalle loro pseudo rappresentanze politiche presenti nel Parlamento europeo, soggiogate dalla Commissione europea, forte di un concentrato potere di indirizzo politico, e dal Consiglio dei Ministri degli Stati membri, fortemente condizionato dagli Stati storicamente più potenti.
In questo contesto i cosiddetti “cittadini europei” ed i partiti politici dei singoli Stati presenti a Bruxelles appaiono puramente simbolici.
La cosiddetta Governance, sembra proprio operare e controllare indisturbata il complesso sistema delle interazioni economiche e sociali presenti sullo scenario europeo, sempre ben accorta dal concedere spazi di manovra alle mobilitazioni democratiche e scongiurando a priori la realizzazione di un feed back tra istanze sociali e partiti politici europei, tra un demos europeo e le istituzioni dell’unione.
Il “guscio vuoto dell’impero Romano, ricco nell’efficienza ma povero nella partecipazione” non si addice alla nuova Europa.
Ma lo stesso fenomeno dell’immigrazione che preme prepotentemente sui confini europei, siamo proprio sicuri che sia indipendente, almeno nella sua fase iniziale, dalla volontà degli stessi potentati economici europei legati soprattutto ad alcuni grandi Stati.
Un fenomeno che sempre più fuori controllo che rischia di accrescere la povertà laddove già gravemente esistente e la cui unica solidarietà che troverà applicazione, sarà quella del reciproco sostentamento tra una moltitudine di poveri.
Frenare l’invasione di questi esasperati uomini, donne e bambini richiede interventi diretti di sviluppo economico nei loro Paesi di origine, cominciando con il porre fine alle guerre ed al fondamentalismo islamico. Un impegno serio, difficile ma inevitabile.
Barriere, muri, fili spinati, cordoni di poliziotti che in questo caso, ma solo in questo caso evidenziano la grande soggettività politica degli Stati membri protesi a difendere i propri confini “dall’invasore straniero”(mentre completamente assenti contro i tecnocrati europei) consistono in un palliativo a tempo, che non placherà la voglia di Europa delle masse di immigrati indigenti.
L’Europa dei sogni non può diventare l’Europa degli incubi: non avrebbe senso di esistere.
E.A.B.