L’ERGASTOLO VIOLA LA DIGNITÀ UMANA DEL DETENUTO!
di Luciano MENEGHETTI
Questa fesseria non l’ha detta uno un po’ alticcio al bar, ma la Corte Europea dei “diritti dell’uomo”, che in una sentenza di ieri ha condannato l’Italia a risarcire il danno ad un ergastolano mafioso pluriomicida, a cui vengono rifiutati permessi premio perché non si è pentito e non collabora con la giustizia.
Secondo la Corte Europea l’ordinamento non può subordinare, come fa quello italiano, il fine pena mai alla buona condotta e/o pentimento dell’ergastolano. Non si può negare al detenuto l’uscita dal carcere in permesso premio e semilibertà, solo sul presupposto che egli non collabora con la giustizia, perché ciò ne pregiudicherebbe la “dignita”. La mancata collaborazione o il pentimento per i delitti commessi, dice la Corte, non significa che egli sia automaticamente ancora pericoloso per la società.
Quindi la legislazione, anche per i delitti più efferati, dovrebbe prevedere un termine alla detenzione ed esso dovrebbe essere ragionevole, per permettere al colpevole di finire i suoi giorni in libertà.
Esempio la Norvegia, che ha condannato Breivnik, il razzista che ha ucciso 73 giovani durante un raduno politico, alla pena di 20 anni di reclusione, pari all’età della maggioranza delle sue vittime. E Breivnik, durante il processo, aveva rivendicato con orgoglio la “bontà” della sua opera.
A Totò Riina, che è morto in carcere, avremmo leso la “dignità”.
Quella della Corte Europea mi pare proprio un’assurdità.
Considerare come finalità della pena non la retribuzione del male commesso, ma solo il recupero del condannato alla vita sociale a prescindere dal suo pentimento, non vuol dire tutelare i “diritti dell’uomo”, ma solo uccidere definitivamente il buon senso.
Le vittime dei reati, purtroppo, non si possono appellare alla tutela dei diritti dell’uomo, che, per il “politicamente corretto”, vale solo per i carnefici.