“CHI CAMBIA CASACCA DOVREBBE DIMETTERSI IMMEDIATAMENTE” ( DICEBANT!)
di Carmine FIORITI
Ai tempi della prima Repubblica, situazione politica che si sta via via rimpiangendo da parte di chi l’ha vissuta, le elezioni avvenivano con il sistema proporzionale e l’elettore votava la preferenza del candidato. Poi c’erano i partiti che appoggiavano e toglievano la fiducia in un moto che, però, non scandalizzava nessuno perché le regole erano quelle.
Certo, alla fine, tali concezioni furono portate all’eccesso e successe quello che sta accadendo ora: l’attaccamento alla poltrona allontanò l’eletto dagli elettori, l’istituzione dai cittadini. Quindi vennero Segni ed Occhetto e con un referendum ci si avviò sulla strada del maggioritario: chi prendeva più voti dell’altro vinceva. La coalizione divenne il punto di riferimento per chi votava e la figura del candidato si appiattì dietro le scelte dei partiti e della coalizione.
Scomparve il Partito comunista, quello repubblicano, quello socialista, quello liberale, quello socialdemocratico, la democrazia cristiana e persino il movimento sociale italiano. Nacquero Ulivi e case delle libertà.
Ma, mentre col vecchio sistema il cambio di casacca era tollerato, ovvero non costituiva un tradimento della propria bandiera in virtù delle preferenze personali, con le coalizioni il cambio di squadra non può che considerarsi un vero e proprio atto contrario alla dignità politica per cui, una volta accertata la non compatibilità con la coalizione di appartenenza, l’interessato dovrebbe dimettersi per far posto ad altri. Era questo uno dei cavalli di battaglia del Movimento pentastellato.
Pertanto, oggi, e per oggi si intende anche quello che successe con il Governo Berlusconi, il cambio di casacca da uno schieramento all’altro è del tutto inconcepibile e riprovevole, non avendo l’interessato il mandato elettorale per fare questo: l’elettore, infatti, ha votato la coalizione e, conseguentemente, colui che la coalizione ha voluto candidare per rappresentarla.
Se, poi, lo strappo alla coalizione di appartenenza viene effettuato su sollecitazione e con promesse di benefici di qualsivoglia genere (ministeri, incarichi, rielezioni etc.) appare del tutto scontata la configurabilità delle ipotesi astratte previste dalla legge penale, oltre alla lesione della leale ed etica appartenenza allo schieramento nel quale si è stati eletti, anche se quest’ultima immagine non sembra più avere alcuna cittadinanza nel panorama politico del Paese.
In ultimo non si può non restare esterrefatti di fronte alla “istituzionalizzazione” della ricerca di conversioni. E’, infatti, alquanto bizzarro il fatto che un Presidente della Repubblica “conceda” qualche giorno ad un Presidente del consiglio che glie li chieda per cercare di “acquisire” (non dico acquistare) al suo schieramento parlamentari di altri gruppi al fine di avere la maggioranza in un ramo del Parlamento.
Questo è un po’ troppo, non c’è che dire. Logico e conseguenziale, quindi, il sospetto della “Frankfurter Allgemeine Zeitung”.