Come se non bastassero i mille problemi che si affacciano sull’Italia giorno dopo giorno si è aggiunto il dirompente e diviso dibattito politico e sociale sulla legge Zan che, approvata alla Camera il 20 novembre 2020, è ora in discussione al Senato della Repubblica.
La legge, primo firmatario il Deputato PD Alessandro ZAN si riallaccia alla legge Mancino che contrasta i reati di razzismo e prevede il carcere da uno ai quattro anni per chi istiga alla violenza omofobica intervenendo sull’articolo 604 bis del Codice penale.
Politica ed opinione pubblica si dividono fra coloro che ritengono che la legge, superando l’intendimento di combattere i pregiudizi che penalizzano persone omosessuali e transessuali sottoposte a ingiuste discriminazioni si sia trasformata, in corso d’opera, in una legge finalizzata a rimodulare fondamenti consolidati della nostra società e persino ridefinire la natura umana.
Per altri, invece, lo scopo e il significato della lege è quello di ampliare le tutele in favore di coloro che sono più soggetti ad episodi di violenza, discriminazione (anche sul lavoro) e aggressioni. Ovvero, gay, donne e disabili. In questo modo si estende la portata normativa della Legge Mancino (legge 25 giugno 1993, n.4 maggio 2021.
I contrari all’approvazione del testo ritengono che la legge costituisca “un reato di opinione” nei confronti di coloro che sono contrari ai matrimoni e alle adozioni gay o al cambio di sesso mentre i favorevoli affermano che il “reato di opinione” nel nostro ordinamento si configura solo quando si attuano delitti che puniscono le manifestazioni di pensiero contrarie ai valori della Costituzione, come ad esempio, quelli commessi contro la “personalità dello Stato” o il Vilipendio della Repubblica (articolo 209 del Codice penale).
Infine, la legge prevede l’introduzione in tutte le scuole di iniziative «contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia» nella Giornata nazionale fissata ogni anno il 17 maggio.
Questa disposizione, fortemente contestata anche dalla Chiesa Cattolica, nell’art.7, ha suscitato forti perplessità trasversali anche nel mondo politico in ordine al pericolo rappresentato dall’ingresso nei percorsi scolastici delle classi elementari e medie, non solo di contenuti tutt’altro che universalmente condivisi (come invece accade per le Giornate contro la mafia e l’antisemitismo) ma anche difficilmente comprensibili da parte dei bambini.
Vi è infine quella parte dedicata all’ancoraggio dei comportamenti alla fattispecie del reato prevista dalla norma, nonché ad una eccessiva discrezionalità concessa al giudice.
Dopo un attento studio del testo ed una attenta lettura degli innumerevoli pareri espressi dai partiti politici, dalle associazioni, dagli opinionisti, dalla Chiesa Cattolica ma anche dalle comunità gay e lesbiche, Realizzare Insieme assume una posizione critica ritendo che la legge, così come scritta configuri un “reato di opinione” difficilmente configurabile nel momento in cui i comportamenti di chi esprime una personale opinione non superino il limite di quanto già prescritto e punito dalla vigente normativa.
La stessa genericità del testo, oltre a lasciare ampio spazio discrezionale al giudice non tiene in debito conto che già di per sé stessa una chiamata in giudizio per un “reato di opinione” non elimina gli effetti preclusivi e dannosi che un avviso di garanzia implica.
Realizzare Insieme si augura che il Parlamento della Repubblica possa varare una legge all’interno della quale non possa materializzarsi quel “reato di opinione” che tanto offenda la più sacrale delle libertà ovvero quella di poter esprime le proprie idee.
COORDINAMENTO NAZIONALE