Per non arrivare al regolamento dei conti.
di Giorgio De Biasi
Ancora per tutta la giornata di ieri stampa e TV hanno scritto e mandato in onda quella che ormai può definirsi “guerra civile” fra vaccinati e non vaccinati, fra SI green pass e NO green pass, fra scienziato e scienziato, fra giornalista e giornalista, fra politico e politico.
Una “guerra civile” che è ormai entrata anche nelle case, ai tavolini del bar, nelle scuole, ma anche sui mezzi pubblici dove i rimproveri che i “mascherati” lanciano contro coloro che non indossano la mascherina si trasformano in vere e proprie discussioni dai toni pesanti e ingiuriosi.
E, come sempre accade in Italia, dialoghi, discussioni e confronti non si svolgono nel rispetto delle diverse posizioni e dalle difformi idee, ma secondo quella logica politica che infiamma il confronto producendo odio ingiustificato.
Siamo tornati agli anni Settanta del 1900 quando l’Italia si macchiava di sangue a causa e per effetto dell’avversa appartenenza politica che ha portato l’eversione nera e rossa a credere che fosse ragionevole e giusto vincere il confronto politico mediante l’utilizzo della violenza.
Oggi, fortunatamente, il terrorismo e scomparso mentre la violenza fisica che risulta evidente in alcune manifestazioni di piazza e quella verbale che leggiamo nei media e che vediamo nelle televisioni, diviene quotidiana sempre connotandosi politicamente. Oggi ogni idea, ogni proposta, ogni protesta non violenta vengono ormai sempre etichettate politicamente dai potenti media, da commentatori, dagli anchorman e dai politici.
Leggendo i giornali e guardando le televisioni si ha la percezione che fascismo di storica memoria e antifascismo militante di matrice comunista non avessero mai smesso, nemmeno per un momento, di combattersi.
Sembra quasi d’essere rimpiombati nella paura del “golpe nero” ed il timore “della dittatura del proletariato” senza che nessuno fra coloro che comandano faccia un gesto per frenare quell’odio che sta montando per le sbagliate etichettature che media e politica stanno appiccicando prima sulle idee e poi sulle spalle di chi le esterna anche senza violenza.
Oggi media e politica devono rendersi conto, una volta per tutte, che etichettare gli uni e gli altri ma anche il solo assecondare le etichettature secondo la propria ideologia condurrà ad un punto in cui i “conti in sospeso” dovranno essere per forza regolati con quella violenza che l’odio produce.
Un ripensamento, una analisi critica o, se non altro una tregua o un raffreddamento degli animi, sono più che mai necessari per superare – senza regolamento di conti – questa maledetta pandemia.
Un ripensamento, una analisi critica o, se non altro una tregua o un raffreddamento degli animi, sono necessari fino a quando i conti potranno essere regolati, non con la violenza o le etichette, ma con libere elezioni.