BERLUSCONI E VOGLIA DI QUIRINALE
di Giorgio De Biasi
In attesa di un diretto dialogo fra le forze politiche nell’intento di individuare quella persona ritenuta unanimemente idonea a ricoprire l’alta responsabilità di Presidente della Repubblica, che solo i grandi elettori potranno assegnare, si sta illuminando uno scenario in cui la fine del settennato di Mattarella e la natura del Governo Draghi, coniugandosi tra loro pongono all’Italia un serio problema da risolvere.
Un problema insito nella figura di Draghi che oggi risulta, per molti, centrale e idonea sia per il “Quirinale” che per “palazzo “Chigi”.
Questa realtà determina il timore dei partiti politici di trovarsi di fronte ad un Draghi eletto Presidente Repubblica e, subito dopo, dimissionario dall’incarico di Presidente del Consiglio dei ministri senza che sia stato individuato un suo successore capace di assicurare la continuità dell’attuale “maggioranza” che sostiene il Governo.
Al pari sorge il “terrore” in tutti i parlamentari e in tutti i partiti – fatta eccezione dl Fratelli d’Italia – che intravedono nell’elezione di un Presidente raggiunta con votazione a maggioranza semplice la fine del Governo DRAGHI essendosi disciolta, con il voto per il Presidente, quella maggioranza che sostiene il Governo.
Appare oggi difficile, per tutti i partiti, raggiungere un’intesa che consenta l’elezione del Capo dello Stato con una votazione unanime o con una larghissima maggioranza, fintanto che non saranno scelte le persone a cui attribuire la responsabilità di Presidente della Repubblica e quella di Presidente del Consiglio.
Le difficoltà che si frappongono al raggiungimento di una intesa sono, purtroppo, tutte interne ai partiti politici ad iniziare da un M5S diviso e frastagliato, ad una sinistra tesa a mantenere “uno dei suoi” sul colle più alto ma soprattutto all’arroccamento del centro destra sul nome di Berlusconi.
Ove tutto questo già non bastasse nella serata di ieri è filtrata la notizia che Foza Italia abbandonerebbe i Governo qualora Draghi venisse eletto a Presidente della Repubblica.
Orbene, se è possibile comprendere i tentennamenti del M5S e il desiderio della sinistra di vedere un suo uomo salire al colle, non si comprende la scelta fatta da Fratelli d’Itala, Lega, Coraggio Italia, Cambiamo e dalle altre “scartine del centro destra” e del “gruppo misto “di sostenere la divisiva candidatura di Berlusconi.
Stupisce molto che Salvini e Meloni, ma anche i più accreditati consiglieri di Berlusconi non gli abbiano detto che una sua sconfitta corrisponderà alla sua definitiva scomparsa dalla scena politica italiana e che renderà inevitabile un pesante ridimensionamento politico ed elettorale di una già decotta Forza Italia.
Ove il centro destra reputi opportuno e giusto, come è giusto che sia, presentare la candidatura di un uomo o donna iscritto o espressione di uno dei partiti che ne fanno parte, farà bene ad indicare un altro nome consigliando a Berlusconi di rinunciare.
Salvini, Meloni, Toti, Lupi dovrebbero riflettere su questa frase pronunciata da Giuliano Urbani, allievo di Norberto Bobbio, docente di Scienza della politica alla Bocconi, liberale e cultore di Luigi Einaudi che in una intervista rilasciata al quotidiano Avvenire del 19 dicembre 2021 affermava: «Conoscendo Silvio Berlusconi, penso che difficilmente rinuncerà. Capisco il suo desiderio di un riconoscimento dopo un lungo impegno politico, da me condiviso per tanti anni, e tuttavia penso che ci dovrebbe riflettere. Il suo nome, a torto o a ragione, è considerato ancora divisivo. Per questo la sua candidatura al Quirinale avrebbe poche possibilità di riuscita, e rischierebbe solo di far perdere del tempo prezioso per la ricerca di una candidatura realmente condivisa, di cui il Paese ha urgente bisogno»