di https://www.giorgiodebiasi.it/
Ieri poco più di 100mila studenti sono scesi in Piazza partecipando a quaranta cortei organizzati in varie città italiane manifestando contro la morte di Lorenzo Parelli, per le cariche della Polizia ma soprattutto, se non quasi esclusivamente, per contestare il Ministro della Pubblica Istruzione Patrizio BIANCHI reo di avere ripristinato la prova scritta nell’esame di maturità.
Incuranti del fatto che esiste una Magistratura che sta indagando sulla morte del giovane Parelli questi 100mila studenti (in effetti non molti) si sentono ormai “onnipotenti”.
Tanto “onnipotenti” da chiedere che la Scuola italiana ritorni a quel “6 politico” che ha determinato l’impreparazione di una intera generazione i cui effetti negativi si vedono oggi nella mediocrità della nostra classe dirigente pubblica e privata.
Costoro, tutti figli del “pensiero unico” e del “politicamente corretto” vogliono sottrarsi alla prova scritta perché ne hanno una inconscia paura, perché la temono sapendo d’essere assolutamente impreparati a tradurre il scritto il loro pensiero specie quando non lo hanno ancora elaborato.
Ma non è solo per questa ragione che rifiutano la prova scritta.
Questi 100mila, gongolanti al richiamo del Presidente Mattarella sui giovani nel suo discorso di insediamento, hanno indossato ieri la divisa comunista, brandendo anche il libretto rosso di Mao Zedong per negare l’esistenza nella nostra società di persone vengono considerate da questa le più colte ed autorevoli in un determinato gruppo sociale e dotate, quindi, di maggior prestigio.
Ben indirizzati dalla sinistra, scendono in piazza chiedendo il ripensamento del Ministro sulle prove scritte ritendo che la prova non sia utile, anzi dannosa, ai fini della valutazione dell’esaminando.
Fedeli al “pensiero unico”, loro inculcato dai media di regime, questi 100mila vogliono la “svalutazione del sapere”, ovvero di quel percorso di apprendimento e studio, che porta a formarsi un’opinione fondata sul sapere.
Vogliono il trionfo dell’opinione sui fatti e del relativismo sull’oggettivo.
Ma oltre al messaggio collettivo messo ieri in campo grazie ad una regia politica orchestrata dalla sinistra esiste nella testa di ogni studente, che ha partecipato alla manifestazione, la terribile paura legata alla consapevolezza d’essere impreparato, alla prova.
La paura di sbagliare un verbo, la paura di sbagliare la tradizione del latino, la paura di sbagliare il calcolo manuale senza l’aiuto della calcolatrice, ma anche la paura di scrivere squola con la “q” anziché scuola can la “c” senza che il correttore automatico del PC intervenga.
Infine, questi 100mila non riescono a comprendere che senza una vera prova che sappia valutare la preparazione dell’esaminando questa nostra Italia non potrà formare quelle élite che potranno assicurare il miglior interesse collettivo.
Può anche ben essere giusto il pensiero di una persona cara quando afferma la sua contrarietà alla prova scritta sol perché. “Questi studenti non sono preparati. Hanno perso due anni di scuola e non per colpa loro. Forse riusciranno a recuperare la conoscenza rubatagli dal COVID. Tu hai ragione. Le élite si formano con l’apprendimento e lo studio verificati da severe verifiche ma oggi come oggi non è possibile accertare il sapere di chi non ha potuto apprendere.”
Anche se è molto difficile obiettare ad una laureata in lettere con indirizzo classico e filosofico io devo dissentire schierandomi dalla parte del Ministro della Pubblica Istruzione.
Lo prego, però, di scegliere “prove facili” e consigliare “correzioni consone”.
Ma sempre facendoli scrivere a mano perché scrivendo a mano si riflette su quello che si scrive e si scrive quello che si sa.