Nicola IZZO
USO POLITICO DELLA MEMORIA.
È il titolo del seminario che il rettore dell’università di Siena Tommaso Montanari ha organizzato per il “Giorno del ricordo per le vittime italiane delle foibe”. Il suo fine: screditare la celebrazione del ricordo dei circa 25.000 italiani gettati dai comunisti titini, a volte ancora vivi, nelle voragini del Carso, dette “foibe”, alla fine della seconda guerra mondiale.
Montanari sostiene di non negare i morti delle foibe, ma di voler solo censurare l’uso politico della tragedia che ne avrebbero fatto quelli che lui chiama i “fascisti”, intendendo per tali, verosimilmente, anche tutti coloro che tra i loro “valori”, senza alcun riferimento politico e meno che meno nostalgie fasciste, condannano la violenza e la sopraffazione da chiunque vengano praticati e contro qualunque essere umano senza porre alcuna distinzione di razza, sesso, religione, collettività ed idee politiche.
Montanari sappiamo come la pensa e ce ne facciamo una ragione, ma un po’ di colpa l’abbiamo tutti noi.
La nostra società sta prendendo il vezzo di parcellizzare qualsiasi evento storico, soggettivandone vittime e carnefici, senza alcuna sintesi del fenomeno che si vorrebbe esaltare o condannare e, attraverso la “memoria”, trasmettere per la formazione morale e culturale delle generazioni a venire.
Nel bene o nel male, sulla scorta di questi distinguo, prolificano i giorni della “memoria” dei singoli avvenimenti.
Le tragedie umane sono tante, troppe, dalle vittime dell’olocausto, della resistenza, delle foibe, a quelle meno ricordate dei gulag siberiani (che ad onor del vero hanno il più alto numero di vittime), dei campi di lavoro cambogiani e di rieducazione in Cina, del genocidio degli Armeni e cosi via in una miriade infinita di lutti, dolore, massacri.
Passando poi alle violenze sugli essere umani troviamo quelle sulle donne, sui bambini e altre da ricordare con pari intensità e dolore come quelle sugli anziani, sui diversamente abili o come, nel recente passato , quelle sulle persone di colore nell’America schiavista.
Questa parcellizzazione della violenza, della sopraffazione, dei genocidi crea un grave rischio, e qui sono d’accordo con Montanari, quello di rendere possibile la strumentalizzazione delle tragedie, di qualsiasi tragedia, affidando alla discrezionalità della politica del momento ed alla “pancia” del popolo di elevare a livello di martiri o carnefici quelli che sono di una parte, di un sesso, di una razza, di un colore della pelle.
Meglio sarebbe ricordare questi fatti nella loro tragicità: la violenza, le sopraffazioni, i genocidi, senza creare un distinguo o peggio una gerarchia delle vittime e dei fatti stessi che può indulgere, oltretutto, ad un giustificazionismo strumentale e partigiano.
Cosi facendo la “memoria” sarebbe più educativa, etichetterebbe il fenomeno per sua oggettiva negatività , creerebbe una “memoria” non divisiva e, oltretutto, si ridurrebbero molte inutili e verbose passerelle senza poter rischiare di giungere alla 365’ giornata della “memoria” costretti a celebrare la 366’ ogni quattro anni.