di Luciano MENEGHETTI
Sul Corriere della Sera di oggi, in un articolo in cui si descrivono le forze in campo in Ucraina, alla fine si legge questa frase: “Tutti questi ordigni, in caso di conflitto, potrebbero essere dotati di testate nucleari”.
Capito? Per il Corriere della Sera il fatto che la guerra in Ucraina, se scoppiasse, si potrebbe trasformare in un conflitto nucleare con conseguente annientamento del genere umano, sembra una cosa su cui “disquisire”.
Una cosa presentata come una “possibilità”.
La mia generazione è cresciuta nella “guerra fredda”, in un’epoca in cui l’olocausto nucleare era considerato un’ipotesi neppure “concepibile” e, nonostante metà del mondo fosse comunista, si è fatto di tutto per evitare ogni pericolo di fine dell’umanità.
Oggi invece, probabilmente perché la memoria della Seconda guerra mondiale e delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki sta svanendo, si parla tranquillamente e con “nonchalance”, di guerra atomica.
È Putin che in questi giorni più volte ha messo in guardia sul pericolo nucleare, beccandosi però l’accusa di voler così “solo” minacciare l’Occidente.
Come se una cosa logica ma detta da uno che si detesta, diventasse automaticamente solo per questo, una stupidaggine o peggio una minaccia.
Oltretutto nella crisi ucraina Putin ha ragioni da vendere:
1) Caduta l’U.R.S.S., Eltsin aveva raggiunto un accordo tra gentiluomini con Bush secondo cui la Nato non si sarebbe estesa a est, anche perché, essendo venuto meno il “Patto di Varsavia”, la Nato sulla carta, essendo un’alleanza militare, non avrebbe avuto più ragione di esistere. Invece gli U.S.A. hanno disatteso tale accordo e in trent’anni hanno esteso la Nato fino ai confini russi.
2) Negli anni successivi a Eltsin, Putin aveva avvisato più volte l’Occidente che non avrebbe tollerato ulteriori allargamenti della Nato a est, soprattutto all’Ucraina che, per la sua posizione geografica e per la sua storia, è una spina nel cuore della Russia e ha una popolazione formata in parte, nelle zone orientali, da milioni di persone di cultura e lingua russe.
3) Nel 2014 gli U.S.A. e l’U.E. invece appoggiarono l’opposizione al presidente eletto Yanukovich, filorusso, che fu spodestato con la rivolta di piazza Maidan.
A parti invertite avremmo detto che Putin avrebbe appoggiato un “golpe” antidemocratico in un paese europeo. Ma tant’è.
4) Alla fuga di Yanukovich, per evitare che la Nato cioè gli U.S.A., arrivassero al confine orientale russo-ucraino, la Russia appoggiò e fomentò la popolazione di cultura russa della Crimea e delle provincie orientali di Lugansk e Donetsk, cioè il cd. “Donbass” per chiedere l’indipendenza dall’Ucraina.
5) La guerra civile che ne seguì terminò perché le forze armate ucraine furono sconfitte, costringendo l’Ucraina a firmare gli “Accordi di Minsk”, che prevedevano, in cambio della non secessione di quelle provincie, l’impegno della stessa a dare l’autonomia al Donbass e a riconoscere il russo come lingua ufficiale della regione, accanto all’ucraino.
7) A distanza di 8 anni l’Ucraina non ha mai ottemperato agli “Accordi di Minsk”. Non ha riconosciuto infatti autonomia alle provincie di Lugansk e Donetsk, né ha concesso alla lingua russa di quelle popolazioni il rango di lingua ufficiale.
Praticamente è come se l’Italia, di fronte al terrorismo altoatesino degli anni 60′, non avesse riconosciuto autonomia all’Alto-Adige e il bilinguismo italiano-tedesco nella regione.
Le bombe ai tralicci dei tedeschi altoatesini sarebbero continuate e chissà come sarebbe andata a finire.
Ora, dopo 8 anni l’Ucraina, non solo ha disatteso gli accordi di Minsk, ma è tornata alla carica per entrare nella Nato. Solo gli stupidi non capiscono che lo fa perché il suo obiettivo è quello di avere l’ombrello Nato, per riprendersi la Crimea e il Donbass con la forza.
Certo Putin non è un esempio di democrazia in Russia, ma non è che essere democratici, come lo sono gli U.S.A. e i paesi dell’U.E. significa che tutto ciò che questi fanno per i loro interessi, sia giusto.