di Giorgio De Biasi
Se si affronta la vicenda ucraina ragionando con il cuore si commette un errore che inasprisce il conflitto.
Il ritorno alla pace o, quanto meno, il congelamento delle ostilità discende direttamente dalla capacità di tutti di ragionare con freddezza e pragmatismo.
Ecco perché pensare che le piazze, anche quelle russe, possano indurre Putin ad ordinare il ritiro dell’esercito dall’Ucraina non porta ad alcun risultato poiché sia Putin che l’esercito Russo non possono, ormai, fermarsi o ritirarsi dall’Ucraina facendo così vedere al mondo occidentale che hanno perso la guerra che loro hanno innescato.
Solo coloro che non conoscono la materia possono credere che Putin abbia deciso tutto da solo l’inizio della guerra. Credere questo significa non comprendere che nulla poteva disporre Putin in tema di guerra se non dopo avere ottenuto l’unanime consenso dell’Esercito Russo che, in Russia, detiene un enorme potere, tanto da porre in seria difficoltà qualsiasi presidente.
E in Ucraina “l’Armata Russa” è sul campo. Non può abbandonare il campo e non può uscire sconfitta dallo scontro diretto con il piccolo Esercito Ucraino.
Soffiare sul giusto desiderio di pace espresso dalle piazze significa determinare Putin, ma attenzione, anche il suo esercito ad intensificare gli attacchi anche con gravi perdite per entrambe le parti e per la popolazione ucraina.
Se non si riesce a comprendere che i “pacifisti russi” Putin li zittisce arrestandoli mentre quelli europei e USA non lo preoccupano affatto, significa non comprendere la sua pericolosità.
Con la Russia e con Putin deve introdursi una solida trattativa. Solo quella sarà capace di fermare la guerra, salvando la faccia a Putin e la vita degli ucraini.
Ma per farla partire è necessario pendere atto con pragmatismo che l’Ucraina di ieri è finita e che quella di domani si potrà costruire con l’Europa e con la Russia ma non contro la Russia.