di Giorgio De Biasi
Rileggendo la Storia delle repubbliche italiane del Medioevo scritta dal ginevrino Simonde de Sismondi, che racconta le vicende di Francesco di Bartolomeo Bussone, conte di Carmagnola, dapprima condottiero per il duca di Milano poi di Venezia, il mio pensiero corre a:
S’ode a destra uno squillo di tromba;
A sinistra risponde uno squillo:
D’ambo i lati calpesto rimbomba
Da cavalli e da fanti il terren.
Quinci spunta per l’aria un vessillo;
Quindi un altro s’avanza spiegato:
Ecco appare un drappello schierato;
Ecco un altro che incontro gli vien.
Già di mezzo sparito è il terreno;
Già le spade rispingon le spade;
L’un dell’altro le immerge nel seno;
Gronda il sangue; raddoppia il ferir.
Chi son essi? Alle belle contrade
Qual ne venne straniero a far guerra
Qual è quei che ha giurato la terra
Dove nacque far salva, o morir? –
D’una terra son tutti: un linguaggio
Parlan tutti: fratelli li dice
Lo straniero: il comune lignaggio
A ognun d’essi dal volto traspar.
Questa terra fu a tutti nudrice,
Questa terra di sangue ora intrisa,
Che natura dall’altre ha divisa,
E ricinta con l’alpe e col mar.
Immenso Alessandro MANZONI che narra la vicenda del Conte di Carmagnola, valoro capitano, uomo onesto, nobile e sincero che dopo essere stato l’artefice dell’ascesa di Filippo Visconti, duca di Milano, entra in contrasto con lui e passa al servizio del suo nemico, la Repubblica di Venezia.
Guida le truppe della Serenissima contro le meneghine vincendole nella battaglia di Maclodio ma poi, per la sua decisone di liberare i prigionieri nemici in un atto di clemenza, ma i veneziani lo accusano di tradimento ed il Senato della Serenissima lo condanna all’impiccagione.
Questa la tragedia dentro la quale compare un MANZONI che condannandole aspramente, le discordie italiane che impedivano l’unificazione della Patria, specificamente nell’ultima strofa della ‘Battaglia di Maclodio’:
«Tutti fatti a sembianza d’un Solo;
Figli tutti d’un solo Riscatto,
In qual ora, in qual parte del suolo,
Trascorriamo quest’aura vital
Siam fratelli; siam stretti ad un patto:
Maledetto colui che l’infrange,
Che s’innalza sul fiacco che piange,
Che contrista uno spirto immortal!»
Manzoni riflette sui valori cristiani e sulla fratellanza messi in serio pericolo da una guerra di italiani contro italiani. Questo richiamo manzoniano alla fratellanza cristiana è da molti intrepretato come una vera e propria denuncia del dispotismo asburgico che opprimeva l’Italia dopo la caduta dell’Impero napoleonico, nel quale il Manzoni aveva visto un fattore di innovazione ed avanzamento per la realtà nazionale.