IL PARERE DI
Francesca DI MASSIMO
Laurea con lode in scienze politiche e sociali, Master in comunicazione nella pubblica amministrazione, master sulle sfide della Pubblica Amministrazione nel terzo millennio: globalizzazione, cooperazione, rapporti internazionali, interculturalità, comunicazione.
Funzionario Informatico presso Dipartimento Affari Interni e Territoriali Ministero Interno
Intervistata da Realizzare Insieme sul tema “COMUNICAZIONE E MEDIA”
Realizzare Insieme
Realizzare Insieme aveva intenzione di ascoltare il suo parere chiedendole quando fosse determinante “la comunicazione” per la vendita di un prodotto, per la crescita un’azienda ma anche per l’acquisizione del consenso politico o sindacale, tema che interessa gli iscritti. Ma il conflitto russo-ucraino ci spinge a domandarle subito.
Ma il conflitto russo-ucraino ci spinge a chiederle subito.
Ma la comunicazione Ucraina, quella Russa, quella USA, quella della NATO sono davvero un’arma in più nelle mani dei contendenti?
E, ammesso che lo sia, dove sta la forza di quest’arma che non spara pallottole e missili?
Francesca DI MASSIMO
La comunicazione, in guerra, è da sempre parte del combattimento.
Se ne conserva traccia da tempi remotissimi, alcuni studiosi la fanno risalire al Paleolitico.
Iniziamo ad avere tracce scritte di propaganda di guerra nella Bibbia, ma anche opere che consideriamo classici della letteratura, come il De bello gallico o l’Eneide, hanno uno scopo “propagandistico”. Certo non sono aderenti a quell’idea di propaganda di guerra che abbiamo ora, che nasce con la Prima guerra mondiale favorita sia dall’embrione di quello che ora sono i mass media (cioè telegrafo, radio e stampa) sia dall’evoluzione del ruolo del “pubblico” nella società. Tutto questo per dire che se l’essere umano ha sempre usato la comunicazione in guerra un motivo ci sarà. E il motivo è principalmente l’ottenimento del consenso della massa che è fondamentale per far “digerire” concetti normalmente indigeribili come il sacrificio di intere generazioni in guerra o lo sterminio di un altro popolo o razza. Ne abbiamo un esempio con la propaganda nazista: tramite un uso sapiente dei mezzi di comunicazione di massa, Hitler aveva convinto le folle a massacrare degli innocenti e ha condotto un’intera nazione in una guerra che ha devastato la Germania e mezzo mondo producendo milioni di morti.
Premesso questo rispondo alle domande.
Alla prima dico che sì, la comunicazione in guerra è un’arma in più. Ma anche in politica, in economia fino ad arrivare ai rapporti interpersonali. E, come per tutte le armi, bisogna essere addestrati ad usarla. Certo che alla Russia non mancano esperienza e strumenti nell’uso di questo mezzo. Come anche agli USA (non dimentichiamo uno degli esempi più noti di propaganda: lo Zio Sam di James Montgomery Flagg del 1917) ed anche alla NATO (un esempio è tristemente vicino, la guerra in Kosovo). Anche Zelens’kyj si sta dimostrando un ottimo comunicatore che usa i social e la televisione in modo abile ed empatico (ed a mio modesto parere l’empatia ed il suo essere presente nella sua terra ed in mezzo al suo popolo fa la differenza con i nostri politici burocrati). Su chi sta facendo comunicazione trasparente, grigia o nera ci farà chiarezza la storia.
Alla seconda rispondo che la forza sta nella fabbrica del consenso, come la chiama Lippman.
Un’abile comunicazione giustifica azioni, necessarie in guerra, che nella normalità la coscienza comune ci fa considerare riprovevoli.
Sparare al nemico è giustificabile, in quanto nemico. Ma alla parola “nemico” corrisponde una persona, un popolo. Con la fabbrica del consenso si arriva a de personificare il nemico, rendendolo un’entità astratta e quindi sacrificabile.
Ma il consenso non è solo quello del proprio popolo, è anche quello internazionale che consente di avere armi o finanziamenti. Spesso la sottile differenza tra uno Stato “terrorista” ed uno che attacca per difendere principi e valori (per esportare democrazia, in senso ironico) può essere veramente minima. Dipende da come si viene raccontati dai mass media. In ciò risiede la vera forza di quest’arma.
Mi fermo qui, per essere sintetica e non noiosa. Sono argomenti che ne possono aprire altri lunghi e complessi.