Realizzare Insieme
Questa intervista doveva iniziare col chiederle lumi sull’importanza della scuola, sulla preparazione di chi insegna e, non da ultimo, sulla capacità della scuola di capire il nuovo, e guidare il cambiamento senza spostare quelle pietre d’angolo che mantengono in piedi la nostra millenaria cultura occidentale.
Poi accade che una preside e messa alla gogna per un post con il rappresentante di classe, che si susseguono sempre più denunce verso professori molestatori, che si intensificano occupazioni per un semplice consiglio sull’abbigliamento e, non da ultimo, la decisione di facilitare l’esame di maturità evitando lo scritto.
Allora le chiediamo due cose semplici:
Ma la scuola deve insegnare ciò che lo Stato vuole insegnare o deve insegnare ciò che gli studenti scelgono e vogliono studiare?
Ma tutti questi comitati, organi di consultazione, di studenti e genitori, servono o non servono?
E poi mi dia una risposta in due parole a questa domanda: “Ma quanti italiani sono oggi in grado di scrivere correttamente a mano senza che il “correttore automatico” di Google li corregga?
Simonetta LAMBIASE
Purtroppo, non ho le competenze adeguate a rispondere a temi così delicati che non investono la mia vita professionale ma provo a fare appello a quanto credo e, a livello di opinione personale e non tecnica, mi sbilancio su qualche considerazione.
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Torniamo alla prima domanda: “”…sull’importanza della scuola, sulla preparazione di chi insegna e, non da ultimo, sulla capacità della scuola di capire il nuovo, e guidare il cambiamento senza spostare quelle pietre d’angolo che mantengono in piedi la nostra millenaria cultura occidentale…””
Simonetta LAMBIASE
Solo questa domanda meriterebbe un trattato come risposta. La scuola, con la famiglia, sarebbero i pilastri della società ma purtroppo questi due sostantivi, che ai nostri tempi richiamavano concetti ben precisi e sacri, ora andrebbero non dati per scontati ed eventualmente spiegati.
Più che di scuola parlerei di istruzione. Personalmente sono globalmente disgustata da qualsiasi istituzione scolastica di ogni ordine e grado e, certa di dare scandalo, credo che, potendo, dei figli oggi li preparerei personalmente a casa o attraverso figure che richiamino l’aio di quando fu.
Senza generalizzare, gli insegnanti oggi difficilmente sono preparati (mi ci metto anche io nel numero di coloro che non possono competere con i loro predecessori): non sono preparati perché a loro volta provengono da una scuola che è stata distrutta da lustri e lustri con costanza e determinazione, ma anche perché lo stesso senso di formazione si è perso: si confonde il sapere nozionistico col sapere, non si insegna ad elaborare quanto appreso e non si valuta come la formazione di un individuo non può limitarsi al solo incameramento di contenuti nella fortunata ipotesi che qualcuno li sappia trasmettere, ma nella crescita individuale e globale della persona in toto.
Oggi la scuola difficilmente contempla questo tipo di formazione. e tante materie importantissime sono state eliminate dai programmi ministeriali per far spazio precocemente a tecnicismi che ci hanno impoverito culturalmente. la scuola, come l’università da decenni è asservita a tipiche quanto infauste leggi di mercato e ciò ha distrutto la cultura, l’educazione, la gerarchia, e il rispetto dei ruoli in modo bilaterale. Tutto un grande ricatto chi non si adegua al quale, nella migliore delle ipotesi, non ha la libertà di fare il proprio lavoro secondo coscienza.
Poi accade che una preside e messa alla gogna per un post con il rappresentante di classe, che si susseguono sempre più denunce verso professori molestatori, che si intensificano occupazioni per un semplice consiglio sull’abbigliamento e, non da ultimo, la decisione di facilitare l’esame di maturità evitando lo scritto.
Tutto ricade sempre sotto la stessa cupola della dignità personale e di ruolo, del rispetto bilaterale delle parti, della eccessiva (a volte) ingerenza delle famiglie, della mancanza dello spirito di corpo che rende un ente capace doverosamente di difendere (o redarguire) i propri appartenenti; vero anche che a volte gli stessi “educatori” si macchiano di colpe inammissibili e aggravate proprio dal ruolo stesso che incarnano
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Proseguiamo con la seconda domanda: “”La scuola deve insegnare ciò che lo Stato vuole insegnare o deve insegnare ciò che gli studenti scelgono e vogliono studiare?””
Simonetta LAMBIASE
Chiunque può decidere di studiare quello che vuole e formarsi secondo le proprie inclinazioni, e lo deve fare in modo autonomo. miracolo quando si assiste a ciò. la scuola pubblica, invece, non può essere gestita dai singoli e dipende dallo Stato nel bene e nel male. Purtroppo, se lo Stato non è illuminato anche la qualità della scuola va a farsi benedire, e con ciò si torna la punto 1
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Benissimo torniamo alla domanda: “”Tutti questi comitati, organi di consultazione, di studenti e genitori, servono o non servono?””
Simonetta LAMBIASE
Non so cosa oggi comporti l’apertura all’esterno da parte delle scuole: ricordo i primi movimenti ai tempi del mio ginnasio più o meno e le occupazioni e i consigli allargati ai rappresentanti dei genitori e degli studenti… per me solo fuffa inconsistente e generatrice di caos.
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Siamo alla fine. Questa è l’ultima domanda: “”Ma quanti italiani sono oggi in grado di scrivere correttamente a mano senza che il “correttore automatico” di Google li corregga?””
Simonetta LAMBIASE
Colpita e affondata dulcis in fundo. Purtroppo, insegno all’università una materia scientifica nel corso di scienze biologiche, biennio specialistico. Sono esasperata. Ogni tesi, senza eccezioni, che devo leggere mi comporta uno sforzo di contenimento disumano perché la punteggiatura è un’opinione, la concordanza soggetto e predicato non parliamone e se scivoliamo su una incidentale…apriti cielo. Perché mi infurio con gli studenti? perché tutti mooolto maggiorenni potrebbero preoccuparsi di capire il significato del linguaggio. Tutta la comunicazione per la verità richiede precisi codici: passiamo da quelli stringenti di una gerarchia militare, che consentono di attribuire a un soldato un ruolo congruo o di insubordinato, o del galateo a tavola (sempre più in disuso) che caratterizzano una persona come capace di sedere ad un desco raffinato o adeguata ad altra tipologia di convivialità e così via. In merito al linguaggio, scritto o meno (ma soprattutto se scritto), quanto ci è stato sottratto dall’istruzione istituzionale e quanto ci è stato inculcato soprattutto con la messaggistica istantanea (abbreviazioni, emoticons) fanno oggi sì che la gente non sappia più scrivere, non solo perché non conosce l’uso della grammatica più elementare, ma purtroppo anche perché non ha più lessico da utilizzare e quindi pensieri da formulare. Il binomio linguaggio- pensiero è a mio avviso da non sottovalutare. Oggi non si legge, quindi non si apprendono parole nuove, non ci si confronta col pensiero altrui, si dimenticano le parole imparate. Ai nostri tempi a scuola si facevano i riassunti (analisi del testo, elaborazione dei concetti, espressione della sintesi), si facevano temi (espressione autonoma di un pensiero costruito secondo una scaletta logica fondamentale e che i nostri laureando non conoscono), si imparavano a memoria poesie e stralci di opere in latino o greco (dove le licenze poetiche, l’astrazione del pensiero, la metrica rendevano giustizia all’estetica e ai sentimenti). Tutto anacronistico. Proponiamo corsi di italiano per ammettere gli stranieri nelle università, io li estenderei agli stessi italiani, invocando lo Stato di fare una dignitosa marcia indietro su alcuni fondamenti della formazione primaria e secondaria.
Insegniamo ai ragazzi il valore della lettura; l’impoverimento che abbiamo conquistato per aver progressivamente semplificato la vita scolastica alle nuove generazioni, privandole della sfida verso la difficoltà, dell’orgoglio della prova superata, dell’ambizione del risultato da conseguire, del sogno della realizzazione di chi, imparato a conoscersi, può essere artefice del proprio futuro, avrà e ha un prezzo altissimo in termini di consapevolezza sociale e in tutte le sue declinazioni.