di Luciano MENEGHETTI
L’Italia sembra rivivere in questi giorni le modalità con cui siamo entrati in guerra nel 1914, scavalcando il parlamento.
Allora il re Vittorio Emanuele terzo, il Presidente del Consiglio Salandra e il Ministro degli Esteri Sonnino, il 24 aprile 1914, firmarono il Patto di Londra che impegnava l’Italia a dichiarare guerra entro un mese, senza avvertire il parlamento e senza il voto di quest’ultimo sui necessari crediti di guerra.
Praticamente un “colpo di stato”, che attraverso la pressione dei moti di piazza subito scatenati dalla minoranza militarista/interventista nelle “radiose giornate di maggio”, come le chiamò D’Annunzio, portò ad un voto successivo, estorto, del parlamento, pur a maggioranza contrario alla guerra, che però, messo di fronte al fatto compiuto del patto internazionale già sottoscritto e alla minaccia di abdicazione del re, fu “obtorto collo” costretto ad accettare la guerra.
Così oggi la storia si ripete.
Di fronte ad una maggioranza del popolo italiano contrario alla guerra in Ucraina e al leader del partito di maggioranza relativa che chiede che il parlamento si pronunci sulla guerra, abbiamo un Presidente del Consiglio, coperto dal Presidente della Repubblica, che ha siglato non si sa quali accordi per la guerra con USA e UE e non riferisce in merito al parlamento.
L’art. 11 della Costituzione che dice che “l’Italia ripudia la guerra” è forse stato cambiato, senza che ce ne accorgessimo?