di Luciano MENEGHETTI
Che la battaglia mediatica scatenata contro gli alpini e la loro adunata, sia una montatura a fini politici sta emergendo in tutta la sua evidenza.
Denunce penali sulla punta di una mano e che riferiscono solo di battute salaci e complimenti pesanti, che nelle stesse denunce vengono attribuite ai fumi del vino.
Un’adunata degli alpini senza il vino, sarebbe come un mare senza l’acqua.
Quelle battute sono un reato? No, non lo sono. Per il contesto in cui sono state fatte non rientrano nell’ unica ipotesi in cui potrebbero essere fatte rientrare: l’art. 660 del codice penale, cioè la contravvenzione per molestie.
Cosa resta, quindi?
Solo dei post su facebook, a cominciare da quello del venerdì, primo giorno dell’adunata, da cui è partito tutto: l’associazione “Una di meno” che ha scritto di molestie alle riminesi (come faceva a saperlo non si sa) e invitava le donne a denunciare le molestie degli alpini.
Nel primo giorno a Rimini c’erano poche centinaia di alpini e già quell’associazione sapeva tutto quello che sarebbe successo. 😏
Da quel post parte il circo mediatico-politico del “politicamente corretto” e del “pensiero unico” che, con la scusa della difesa delle donne, ha sparato nel mucchio, cioè contro gli alpini tutti.
Questo era d’altra parte lo scopo della manovra.
Quando si vuol salvare una categoria i santoni del “politicamente corretto” dicono che bisogna guardare le responsabilità individuali e aspettare che la magistratura accerti i fatti e la giustizia faccia il suo corso.
Quando invece lo scopo è quello di attaccare proprio la categoria (gli alpini) e le sue adunate, allora non servono denunce penali, né colpe individuali. Hanno detto, infatti, che bastano i post su facebook delle donne che si sono sentite molestate (sic!).
Naturalmente, per chiudere il cerchio della montatura, hanno fatto partire subito la raccolta firme per vietare le prossime adunate degli alpini.
D’altra parte, quello era lo scopo di tutto il circo mediatico scatenato.
Un’ultima osservazione è d’uopo: se una ragazza gira vestita sexy per la città è sicuramente un suo diritto: sentirsi belle e ammirate è l’in sé della donna e della sua libertà, in Occidente.
Se un ragazzo, però, le incrocia e le fa un complimento per la “mise” senza debordare nel ” pecoreccio”, è un altrettanto suo diritto.
Questo lo dice il codice penale.
Se no siamo di fronte a due estremismi: quello dei “politicamente corretti” che vorrebbero che le donne vadano in giro, giustamente, vestite come vogliono e decidano, però, anche quando e come i maschi possono farle un complimento, se no son denunce, e quello dei talebani afghani i quali, proprio per evitare che altri maschi facciano complimenti alle loro donne, gli impongono il “burka”.