di Giorgio DE BIASI
Ad oggi la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica italiana ha ormai compreso che lo scenario geo-politico si è modificato e continuerà a modificarsi fino a quando una nuova stabilità derivante dal frantumarsi dell’egemonia del dollaro, dall’ascesa dell’euro e dalla definitiva affermazione dello yuan cinese troveranno pari dignità come valute di riserva mondiale e, soprattutto pari valore nelle transazioni internazionali, bilaterali o multilaterali.
La pandemia, dapprima, ed il conflitto russo-ucraino ora, hanno di fatto modificato gli equilibri internazionali.
Autorevoli analisti riconoscono che oggi, rispetto a ieri, non sono solo le grandi potenze democratiche che possono plasmare il contesto internazionale e che, quel contesto, può essere sempre più condizionato da Cina e Russia decisamente schierate contro quello che considerano “L’impero del male” ovvero gli USA.
In buona sostanza possiamo affermare che il mondo è in divenire, così come dobbiamo riconoscere che – se in divenire è lui – anche la nostra piccola realtà italiana è in divenire.
Un divenire italiano che modificherà, fortificandoli o demolendoli i “pilastri” che sorreggono la nostra comunità partendo dal welfare, ovvero da quelle prestazioni rientranti nell’ambito della tutela della persona che in una società si attivano quando un cittadino o un lavoratore cadono in malattia, sono vittima di infortunio, invalidità, disoccupazione e vecchiaia, per poi passare alla salute ed alla scuola e, infine per assicurare – nel nuovo – un adeguamento della sicurezza interna e dei confini.
Questo “nuovo” scenario geo politico che si appalesa non può essere lasciato penetrare in ogni dove senza alcun controllo della comunità che in quel “dove” risiede. Non può, in buona sostanza, affermarsi in Italia senza che il legittimo potere della rappresentanza correli l’interesse internazionale a quello italiano.
Ben sappiamo che oggi il potere della rappresentanza politica è legittimato dalla sola volontà del Presidente della Repubblica di mantenere in vita un Parlamento delegittimato da un referendum popolare e sostenuto da un “governo di unità nazionale” voluto dallo stesso Capo dello Stato e votato “obtorto collo” dallo stesso Parlamento delegittimato.
Tutta questa costruzione istituzionale crollerà il prossimo 2023 quando il termine della legislatura nazionale obbligherà il Capo dello Sato a sciogliere le Camere e quando, sempre nel 2003, importanti Regioni dovranno rinnovare il proprio Governo.
In quel prossimo 2023, in occasione delle elezioni politiche e amministrative ogni elettore dovrà scegliere a chi affidare l’incarico della rappresentanza e, lo farà, sulla base di quel programma che il partito politico ed i candidati presenteranno sia in ordine al collocamento italiano sullo scacchiere geopolitico ma soprattutto in ordine all’adeguamento del welfare, della salute, della scuola, della giustizia e della sicurezza a quel nuovo globale che si affermerà.
Quale rappresentanza sarà eletta dal voto del 2023 e dove sarà collocata l’Italia nello scacchiere geo politico per volontà di un nuovo rieletto Parlamento legittimato dal voto?
Difficile dare ora una risposta, con la guerra in corso, con un Medio Oriente in subbuglio, con una pericolosa guerra fredda CINA-USA, con gli USA spaccati in due sulla politica interna ed ancorati ad una difesa, anche armata, dei propri interessi nel continente asiatico ed in Europa.
Altrettanto difficile è ora prevedere quale sarà il posizionamento di una Europa divisa al suo interno e non ancora capace di formare un unico sistema di difesa, un’unica strategia per l’approvvigionamento energetico e di materie prime.
Un’Europa ancora suddita dell’alleato USA che mantiene l’egemonia nella catena di comando della NATO, ma soprattutto un’EU dentro la quale ogni Stato che la compone si dimostra retrivo ad abbandonare il proprio nazionalismo e la sua cultura.
È infine difficile anche il solo azzardare il nostro futuro posizionamento e il nostro derivante “nuovo” in assenza di una “leadership” italiana capace di capire il nuovo e guidare il cambiamento.
Oggi abbiamo una sola certezza: “Nessuno può chiamarsi fuori”.
Nessuno oggi può, a cuor leggero, pensare di restare seduto sul molo dell’oceano immenso ad aspettare quella nave che lo porterà nel nuovo continente e sulla quale ci salirà soltanto perché è quella che è riuscita ad arrivare in porto per prima.
Partiti politici, sindacati, associazioni ed ogni singola persona hanno il diritto ed il dovere di partecipare, di esporre, di illustrare ad altri il proprio pensiero lottando, anche a costo del dileggio, contro il “pensiero unico”, il “politicamente corretto” e la “cultura della cancellazione” che vogliono ancorare il nostro futuro non al mondo delle idee ma al denaro ed al potere delle banche mediante una democrazia mistificata che “ti fa parlare ma non ti ascolta”.
Non è più possibile rimandare la scelta della rappresentanza. Così come è giunto il momento di “scendere in campo” e sostenere apertamente – anche a costo del dileggio – quelle organizzazioni politiche, quei movimenti di pensiero, quelle associazioni di cittadini verso, i quali afferiscono le proprie simpatie.
Dentro ad un turbine di incertezze in cui si aspetta che sia la “Legge delle armi” a scrivere il futuro, anziché attendere che sia la “Forza delle idee” a costruirlo, è necessario emergere dall’oblio per costruire quella visibilità politica che consente all’idea di espandersi.
Non facciamoci cucire addosso un vestito che sembra il nostro ma nostro non è.