Ieri alla Camera dei deputati si è svolta una simpatica conferenza stampa tenuta dalla madre di un ragazzo di etnia rom, ora in coma in ospedale, che a detta della signora, sarebbe stato fatto volare dalla finestra dagli agenti di polizia impegnati in una perquisizione nel suo appartamento.
La donna era affiancata dal deputato Riccardo Magi, presidente del partito “+Europa” alleato alle prossime elezioni del PD e dal portavoce dell’associazione “21 luglio” che si batte contro “le discriminazioni di gruppi e minoranze”, nonché, naturalmente, dall’avvocato della signora rom.
Nel premettere che l’indagine “per tentato omicidio” aperta dalla Procura, non ha ancora degli iscritti sul registro degli indagati, essi, con l’aurea istituzionale” della Camera dei deputati hanno dato ai giornalisti il loro atto d’accusa contro i poliziotti (chiedendone la condanna e il conseguente cospicuo risarcimento danni milionario da parte del Ministero dell’Interno, da dividere).
Questa è l’Italia.
Quando appartenenti alle forze dell’ordine sono indagati e anche prima di esserlo, una parte politica, sempre quella, utilizza i media come forza di pressione sui giudici per arrivare a condannare i tutori dell’ordine.
Per avere maggiore visibilità e operare più influenza sull’opinione pubblica e, quindi, indirettamente sui giudici, questa parte politica strumentalizza anche le aule del Parlamento, per inscenare il “processo” fuori dalle aule giudiziarie.
Fare i processi contro poliziotti e carabinieri in modo anticipato e “pubblico” sui media e non nelle aule di giustizia, è ormai un modo per le presunte parti offese, spalleggiate da politici e associazioni, per fare la corsa con gli imputati “partendo in vantaggio”: si cerca di influenzare i giudici alla colpevolezza delle Forze dell’Ordine, gli uni per averne un chiaro e pingue ritorno economico e gli altri un ritorno di visibilità e d’immagine politica.
D’altra parte, in un paese in cui un’aula della Camera dei deputati è intestata a chi ha tentato di uccidere un carabiniere (Carlo Giuliani), non ci si può sorprendere se la stessa “location” venga utilizzata per processare e mettere alla gogna pubblicamente le Forze dell’Ordine.
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