Manca il lavoro e trovare un posto nella pubblica amministrazione, lo sappiamo, è diventato arduo. Gli esempi si sprecano: a Trieste all’ultimo concorso bandito per infermiere si sono presentati in migliaia, alcuni addirittura rientrati per l’occasione da Francia e Germania dove avevano momentaneamente trovato lavoro. A Jesi, per un posto di ufficiale della polizia municipale c’è voluto il palazzetto dello sport per contenere candidati provenienti da ogni parte d’Italia.
La notizia è che ora, ottenere un posto pubblico sarà ancora più difficile perché occorrerà vedersela anche con i profughi. Infatti, 900 assistenti amministrativi della scuola, che protestano per la loro situazione di precarietà che dura da oltre 20 anni, hanno scoperto che il ministero dell’Istruzione con una nota (la 8151 del 13 marzo scorso), ha allargato la griglia dei requisiti per i candidati ai concorsi provinciali del personale Ata (Amministrativo, tecnico e ausiliario) anche ai «cittadini di paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno Ce, ai soggiornati di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato o di quello di protezione sussidiaria». Che il concorso sia aperto a chi è da tempo stabile nel nostro Paese è cosa giusta (se vogliamo veramente l’integrazione questa è una strada ragionevole), dare l’opportunità anche ai rifugiati, cioè migliaia e migliaia di persone che sbarcano e si insediano qua è cosa su cui si dovrebbe ragionare di più.
Alessia Brogi
http://www.nuovaciviltamediterranea.it/….