IL PARERE di
Luciano MENEGHETTI
Avvocato del Foro di Treviso
Intervistato da Realizzare Insieme
Realizzare Insieme
Gentile Dottor Meneghetti, entriamo subito nel merito.
Certezza della pena e sicurezza pubblica sono due concetti interdipendenti?
Luciano MENEGHETTI
Sicuramente. Il problema è intendersi su come si debba concepire la certezza della pena.
Per esempio, è un luogo comune che sia causa di insicurezza, rispetto alle varie forme di criminalità, la previsione dei benefici penitenziari.
Dato per scontato che la certezza della pena coincide con l’efficacia deterrente della stessa, non è vera la credenza diffusa secondo cui scontare in modo ridotto la sanzione penale rispetto alla condanna inflitta, porti a incentivare la criminalità. I dati statistici dimostrano come la gran parte di soggetti che fruiscono dei benefici carcerari poi non commettono nuovi reati. Anzi, l’indice di recidiva dei condannati che hanno espiato la pena, è maggiore tra coloro che escono dal carcere senza aver fruito di benefici penitenziari.
Realizzare Insieme:
Esiste, tuttavia, un nesso tra regolamentazione dell’esecuzione della pena e sicurezza?
Luciano MENEGHETTI
Si, ma solo nel senso che la disciplina del diritto penale e processuale penale influenza il grado dell’effetto deterrente della pena.
È la giustizia penale che ha funzione di prevenzione generale: l’efficacia deterrente della sanzione minacciata si ha, in concreto, solo se vi è l’effettiva applicazione della pena e in un tempo ragionevole. Solo questo è la certezza della pena: la certezza che per ogni delitto il colpevole venga condannato e sconti la pena. La certezza della pena, intesa in questo senso, evita che si arrivi a forme di autotutela o addirittura di vendetta.
Realizzare Insieme
Come si fa ad assicurare, allora, la certezza della pena così delineata?
Luciano MENEGHETTI
La pena arriva al termine del processo e con una condanna. Pertanto, per assicurare il concetto che ho detto di certezza della pena servono alcune condizioni, che oggi in Italia mancano, per evitare i tempi intollerabilmente lunghi dei processi.
Per arrivare a processi penali di durata ragionevole bisogna, innanzitutto, ridurre la legislazione penale limitando la previsione del carcere solo per i reati più gravi: troppo spesso il legislatore italiano usa, inutilmente, il diritto penale per risolvere conflitti o situazioni di disagio sociale.
In secondo luogo, bisogna cambiare la legislazione processuale eliminando inutili formalismi e scoraggiando atteggiamenti dilatori.
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I cittadini però si lamentano e si sentono insicuri, accusando le forme del processo che permettono riduzioni consistenti di pena, quali ad esempio il giudizio abbreviato o il patteggiamento. Sono critiche giuste?
Luciano MENEGHETTI
In parte. È vero che tali istituti processuali possono, a volte, portare a condanne che al cittadino sembrano troppo miti. Tuttavia, va tenuto presente che essi contribuiscono a garantire il buon funzionamento della giustizia attraverso la riduzione del tempo dei processi penali e quindi un’esecuzione della pena più tempestiva. D’altra parte, non bisogna mai dimenticare che nel nostro ordinamento la misura della pena dipende dall’obbligo che ha il giudice di adeguare la pena al fatto e alla personalità del condannato. Spesso la gente vorrebbe la “pena esemplare”, soprattutto per vicende di forte impatto mediatico, ma la nostra Costituzione impone una pena “giusta”, una pena che non deve mai essere vendetta.
Realizzare Insieme
La gente però spesso non comprende provvedimenti come l’immediata liberazione di soggetti colti in flagranza di reato. Non crede che questi casi aumentino il senso di insicurezza?
Luciano MENEGHETTI
La non emissione o la revoca dopo pochi giorni della custodia cautelare durante le indagini e in genere prima della condanna definitiva, non ha niente a che vedere con la certezza della pena.
La custodia cautelare può avere solo un carattere eccezionale e può giustificarsi solo per gravi ragioni di tutela degli interessi della collettività. Non per niente uno dei prossimi quesiti referendari verte proprio su una riduzione dei casi di applicazione della custodia cautelare.
Realizzare Insieme
Per concludere, quale, secondo lei, sarebbe il primo provvedimento da prendere per aumentare il senso di sicurezza della gente?
Luciano MENEGHETTI
Riformare il sistema nel senso di una drastica limitazione della pena detentiva e, contemporaneamente, una drastica riduzione dei tempi dei processi. Ciò permetterebbe anche una semplificazione della disciplina dei benefici penitenziari. L’idea che ci sia proporzione tra aumento delle presenze in carcere e aumento della sicurezza è sbagliato. È altrettanto sbagliato pensare che la riduzione dei benefici carcerari aumenti la certezza della pena. Questa non vuol dire “fissità” della pena, che sarebbe in contrasto anche con l’art. 27 della Costituzione che richiede una pena rieducativa. Anche il condannato per il delitto più grave deve avere, nel nostro ordinamento, la speranza di un reinserimento nella comunità. Per questo esimi giuristi parlano di incostituzionalità della stessa pena dell’ergastolo. Quest’ultimo però ha una sua valenza anche “simbolica” per le persone che chiedono giustizia per gravi reati. Di questa esigenza di tutela diciamo “psicologica” della popolazione si è fatta interprete la Corte costituzionale, che, infatti, quando la questione è stata portata alla sua attenzione, non è mai arrivata a dichiarare incostituzionale l’ergastolo.
Ciò che va sempre salvaguardata è la giusta proporzione tra gravità del reato commesso e pena espiata, ma non va mai dimenticato che le misure premiali hanno anche il grande merito di evitare il sovraffollamento delle carceri e il loro governo, al riparo dai rischi di proteste e rivolte, come avvenivano un tempo. Non è un caso che da quando è entrata in vigore nel 1986 la legge Gozzini, negli istituti penitenziari italiani non si sono più registrati criticità sotto il profilo dell’ordine pubblico.
Realizzare Insieme
Grazie Avvocato