di Giorgio De Biasi
Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha appena affermato che l’Italia è “aperta” all’ipotesi di un “quinto pacchetto di sanzioni” alla Russia e “aspetta la proposta della commissione UE e non pone veti”.
Poi il nostro Ministro, ipotizzando che con le sanzioni si vada a colpire anche il settore energetico, precisa: “Sull’energia siamo impegnati fin dal primo giorno di questa crisi a diversificare gli approvvigionamenti energetici, perché non vogliamo farci cogliere impreparati da eventuali ricatti da parte della Russia”.
Da quale cervello arriva questa bella pensata di dare il consenso italiano a nuove sanzioni afferenti al delicatissimo e importantissimo settore energetico.
Indipendentemente da quale cervello sia uscito il “5° pacchetto” è arrivato il momento per noi pensionati a redito fisso e basso, di dire che “siamo contrari” a chiudere le pompe di benzina, i fornelli del gas e i termosifoni per compiacere una Europa che mai sarà unita e mai sarà libera dal “giogo” USA.
Già siamo nei guai con i prezzi che aumentano ora dopo ora.
Già siamo nei guai con il ritorno del COVID.
Già siamo nei guai con la disoccupazione.
Già siamo nei guai con le banche che fanno il bello e il cattivo tempo.
Già siamo pieni di debiti con tutti gli altri stati.
E adesso, non contenti di questo e allo stesso tempo tanto volenterosi di assecondare quell’Europa dalle cui liti interne sono sempre derivare le guerre mondiali, che cosa facciamo?
Ci immoliamo sull’altare della guerra delle sanzioni che prima di “isolare” Putin ci mettono all’angolo della vita appena fori dalla linea della sopravvivenza.
Se gli Ucraini soffrono sotto le bombe russe la mia famiglia soffre sotto i costanti aumenti di pane, latte, frutta, verdura, luce, gas e benzina per la macchina.
È vero la mia famiglia non rischia di morire come quella Ucraina ma rischia una povertà dalla quale non potrà più risollevarsi.
Tutto quello che potevano dare in aiuto al popolo ucraino lo abbiamo dato ma, in tutta sincerità, non possiamo dare ciò che serve a noi per vivere.
Da quale sacco preleveremo la farina per il nostro pane e per la nostra pasta?
Di certo non da quello di un’Europa che di campi coltivati a grano non ne ha più nemmeno uno perché dove ti giri ti giri è tutto una fabbrica.
Per fare funzionare le fabbriche ci vuole l’energia che non abbiamo. e quando le fabbriche non funzionano i disoccupati aumentano e gli operai il pane non lo possono più portare in tavola.
Intanto questa Europa che litigando ha innescato la prima e la seconda guerra mondiale, non trova di meglio da fare che spendere soldi per un “esercito comune” anziché per comperare il grano da quei pochi che ancora lo producono.