di Giorgio De Biasi
Il conflitto russo-ucraino riempie mediamente 6/7 pagine del Corriere della Sera, di Repubblica, della Stampa. Altre 4/5 pagine sono quelle dei quotidiani minori Il Giornale, Libero, Avvenire, La Verità, Il Fatto Quotidiano ed altri.
Ognuno dice la sua ma tutti fanno a gara per essere i primi sostenitori dell’Ucraina ed anche i primi detrattori della Russia.
Accanto a questo “consolidato potere” emergono i giganti televisivi che ci fanno spesso vedere le stesse riprese, le stesse scene, gli stessi combattimenti.
Primo fra tutti Mentana che sta sul video ogni giorno dalle 17 alle 20 esponendo le sue e solo le sue idee atlantistiche. Nel frattempo, dall’altra parte ecco che arriva il “Diario di Guerra” mentre ovunque le reti TV fanno a gara su chi fa vedere più buchi di bombe e morti per strada.
Tutto questo può piacere o non piacere ma è il diritto dei media di informare il pubblico che acquista i giornali e guarda le televisioni. Esercizio che deve essere sempre e comunque rispettato.
Fatta questa lunga premessa “fermiamoci” un attimo a riflettere su cosa non viene scritto e su cosa non viene proiettato per mancanza di spazio, nei giornali, e per mancanza di tempo nelle televisioni causa la guerra o meglio causa la guerra che l’invasione russa ha scatenato.
Siamo arrivati alla fine di marzo e maggio è alle porte. Poi dopo un mese arriverà giugno e alla metà di giugno, esattamente domenica 12 giugno e lunedì 13 giugno metà Italia si recherà alle urne per rinnovare 970 Consigli comunali, 21 capoluoghi di provincia e 4 capoluoghi di regione.
Poi sempre a giugno e nello stesso giorno i cittadini, NON DI MEZZA ITALIA ma DI TUTTA l’ITALIA saranno chiamati ad esprimere il loro voto favorevole o contrario su 5 “referendum abrogativi” indetti dal Presidente della Repubblica.
Delle elezioni amministrative e dei referendum giornali e televisioni non ne parlano evitando addirittura di informare gli elettori sui candidati sindaci, sui quesiti referendari, sulle modalità e sui tempi del voto.
Tutti tacciono ed a distanza di poco più di un mese nessun dibattito anima le campagne elettorali, nessuno ci dice cosa vuole fare il candidato sindaco o la candidata sindaca. Ancora non leggiamo ne vediamo le posizioni di partiti politici in ordine ai quesiti referendari.
La campagna elettorale non parte ed il silenzio del potere mediatico impera.
Oggi pochi sanno che si vota ad Alessandria, Asti, Barletta, Belluno, Como, Cuneo, Frosinone,
Gorizia, La Spezia, Lodi, Lucca, Messina, Monza, Oristano, Padova, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Taranto, Verona, Viterbo e altri 970 comuni italiani.
Oggi pochi sanno che si voterà a:
1. Catanzaro,
2. Genova,
3. L’Aquila,
4. Palermo
Oggi pochi sanno che i 5 referendum riguardano:
1. la riforma del CSM,
2. l’abolizione della legge Severino,
3. i limiti agli abusi della custodia cautelare,
4. la separazione delle funzioni dei magistrati,
5. l’equa valutazione degli stessi magistrati.
Di fronte a questo “silenzio” dei media cosa possiamo pensare? Che cosa nasconde tanto silenzio?
Verosimilmente dietro a tutto esiste il tentativo del “pensiero unico”, proprio di quei partiti politici che lo perticano di fare fallire i referendum e di portare sempre più persone verso l’astensione.
Questi media ormai sponsor del “pensiero unico” e questi anchorman che “sanno tutto” ed anche “una pagina in più del libro” temono l’ascesa della destra nelle elezioni e si augurano il fallimento del quorum nei referendum.
Da sempre il “pensiero unico” teme il confronto delle idee ed il passaggio elettorale perché crede solo nella “cooptazione” ovvero nella scelta di una classe dirigente che, ancor prima d’essere “intelligente e capace” che dev’essere “fedele”.
ECCO PERCHÉ’ SPETTA ALLE LIBERE VOCI, AL “PENSIERO CRITICO” SOLLECITARE IL POPOLO AL VOTO.