Quando all’inizio degli anni 2.000 l’Europa fece la scelta strategico-politica di trasformare, con direttive agli Stati, gli immigrati irregolari da “clandestini” in “richiedenti asilo”, noi, poveri funzionari degli Uffici Immigrazione che vivevamo sulla nostra pelle ogni giorno l’assalto alle Questure, lo dicemmo ai “piani alti”.
Ricordo che in una riunione a Roma tutti noi piccoli funzionari di provincia facemmo presente che, se fino ad allora avevamo espulso le centinaia di immigrati clandestini che ogni mattina si presentavano agli Uffici Immigrazione con la “scusa” dell’asilo facendo così da deterrente, dopo, l’onda ci avrebbe travolto.
I “capi” ci risposero: “Tranquilli. I politici ritengono che inserendo tutti i clandestini nel procedimento d’asilo controlleremo meglio la situazione, li integreremo e ne arriveranno meno, perché saranno controllati fin dall’inizio.”
Abbiamo visto tutti come è andata a finire: il caos dell’accoglienza, aumento della criminalità comune, degli sbandati per le strade e assalto, di fatto, alle frontiere degli Stati esterni dell’Europa, soprattutto l’Italia.
Sempre in quella riunione io mi alzai e feci presente che, per come era stato concepito il “Trattato di Dublino”, era un regalo ai paesi che non avevano frontiere esterne europee, cioè la Germania e un dramma per l’Italia. Erano stati, infatti, i tedeschi che avevano voluto trasformare i “clandestini” in “richiedenti asilo”, per evitare che tutti i clandestini d’Europa andassero in Germania, come avveniva allora.
I poveri funzionari degli Uffici Immigrazione furono facili profeti
“Vox clamantis in deserto”.
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