si Guido BROICH
Cosa sono I Buchi Neri? Teorizzati dal famoso fisico Stephen Hawkings sono oggetti stellari così pesanti da generare una forza gravitazionale tale, che per sfuggirgli bisognerebbe superare la velocità della luce. E siccome questo non è possibile, tutto ciò che per qualche motivo ci cade dentro ci resta, per sempre. Prima non ci volevano credere, ma poi ne hanno scoperti tanti di
questi insaziabili mangiatori di tutto, distruttori di ogni cosa, depositi finali di ogni materia dell’universo.
Bene, chi ha inventato il mondo della Medicina Generale, già detto medico di base, medico di famiglia o, in origine quando funzionava bene, Medico Condotto, deve essere stato un visionario.
Ha realizzato un Buco Nero prima che la fisica ne confermasse l’esistenza.
Da decenni il tema è sulla bocca di tutti. Non vi è parte politica che non abbia tuonato contro il sistema della Medicina di Base gestito dagli avversari, o annunciato riforme strutturali importanti, se era al governo. In singolare sintonia nessuno però ha fatto nulla, se non cambiare nome al
bambino in varie occasioni. Con altrettanto generale consenso oggi tutti si lamentano della situazione attuale. Sono insoddisfatti e chiedono riforme sia medici che cittadini o amministratori pubblici del Sistema Sanitario nazionale. La Medicina del Territorio è un terreno di lotte politiche
interminabili, di annunci roboanti di prevenzione e assistenza. Qui la medicina preventiva dovrebbe incontrarsi con la continuità delle cure e il sostegno ad anziani, disabili e fragili. Qui invece regna sovrana la burocrazia capillare, ossessiva, autoreferenziale, costosa e nemica di ogni
seppur minima riforma semplificante. Ormai spendiamo più in stipendi e affitti per uffici che in sussidi per i disabili, ovviamente – ci assicurano – per il nobile fine di impedire truffe e distrazioni!
La prevenzione, tipicamente governata, là dove funziona, dalla Medicina del Territorio, si basa su esami e controlli fatti sulle persone sane, e per questo non c’è spazio in una politica di repressione della “non appropriatezza” e del “governo della domanda”. La prevenzione è caduta misera vittima dei risparmi e di questa spinta alla “efficienza” senza efficacia delle politiche regionali e nazionale (nessuna esclusa ben s’intenda). Tra Ticket, mancanza assoluta di Check-Up gratuiti (sostituiti dalla foglia di fico degli screening, superficiali e meno costosi) e minacce ai medici che “prescrivono troppi esami”, si è arrivati al “Governo della Domanda”, intendendo una repressione attiva delle domande di assistenza, esami e indagini cliniche giudicate inutili. Lasciando aperto il quesito come
si fa a giudicare a priori sulla utilità di un controllo ematochimico fatto come controllo di check-up, cioè sulla persona sana. Controllo fatto proprio per sapere se è necessario intervenire ulteriormente o se va tutto bene.
Nella galassia caotica di questo Buco Nero ora è arrivato una Supernova, per restare nei paragoni astronomici: la gravissima mancanza di medici.
Quando mi sono iscritto a Medicina, nel lontano 1974, eravamo in 1200, e francamente era troppo. Molti non finivano il corso, ma quando sei anni dopo mi sono laureato, ero una particella in un mare di disoccupati, un numero da usare e schiavizzare. A parte qualche raccomandato o geneticamente predestinato, eravamo sfruttati all’osso, lavoravamo gratis per tre o quattro anni in ospedale, facevamo turni per le SAUB per poche Lire senza assicurazione e malattia, eravamo gli extracomunitari di allora.
E allora venne il numero chiuso. Come spesso succede da noi, passammo da un estremo all’altro.
Come dice la battuta popolare “buttarono via il bambino insieme all’acqua sporca del bagno”.
Studiare Medicina tornò ad essere un privilegio di pochi. Poi venne la sentenza europea che obbligava a dare uno stipendio agli specialzzandi, invece di farli lavorare gratis. Giusto, ma l’effetto non fu l’inquadramento ospedaliero nella vecchia funzione di asistente, ma la semplice decimazione dei posti di specialità.Così in pochi anni siamo arrivati alla situazione odierna: la incapacità di sviluppare una ancheminima visione strategica d’insieme ha creato una drammatica mancanza di medici in generale e
specialisti nello specifico.
In questo quadro si inserisce la medicina di famiglia. Separata dall’ospedale dalla norma puramente ideologica che vieta il doppio incarico ospedaliero e di medicina di base, era inoltre gravata dalla mancanza di una formazione specifica specialistica. La politica cercò di porre riparo a
questa mancanza formativa, ma invece di istituire una normale specializzazione medica per la Medicina Generale, si scelse di percorrere la strada di una formazione regolata a livello regionale, con risorse extrauniversitarie e spesso generate ad hoc, come il Lombardia fu l’IReF, Istituto
Regionale di Formazione. Una scelta che non poteva che rendere ancora più separata la realtà della Medicina Generale territoriale dalla Medicina ospedaliera, legata alla formazione universitaria con un regolamento nazionale e riconoscimento europeo.
Come per lo specializzando universitario anche per il medico in formazione regionale per la
Medicina Generale il sistema non prevede un inquadramento strutturale nel Sistema Sanitario Nazionale e regionale.
E venne il COVID.
La mancanza di medici e infermieri, da tempo nota e additata dalle menti più illuminate ma negata nei palazzi, divenne di colpo un problema nazionale gravissimo. La mancanza di specialisti ospedalieri, coniugata alla drammatica riduzione dei letti ospedalieri negli ultimi anni, ha avuto un
ruolo di primo piano e tutto da indagare nella gravissima mortalità mostrata dalla pandemia in Italia, anche quadrupla che in certi altri paesi.
La medicina territoriale non è rimasta indenne. La crisi grave in cui versa la Medicina Generale di famiglia è talmente nota da essere diventata proverbiale. Ogni tentativo di riforma è stato inghiottito da quel Buco Nero di cui abbiamo detto all’inizio, senza sortire alcun sensibile effetto
pratico. Sicuramente è innegabile che la combinazione di status di libero professionista con esercente di una funzione pubblica ad accesso ristretto e regolamentato, ha creato un mostro a due teste ormai sfuggito ad ogni regola, preda di semplificazioni populiste e giudizi non sempre
lusinghieri. Costringere i medici a unirsi in “cooperative” ha il gusto vagamente retrò della cortina di ferro.
La convergenza tra la crisi della Medicina Generale e la penuria dei medici ha creato una situazione del tutto insostenibile. Per esempio, in un ambito ATS vanno in pensione 10 medici di medicina generale, con solo due professionisti iscritti nelle liste per prenderne il posto. La scarsa attrattività
della funzione e la possibilità per i giovani medici di scegliere praticamente in ogni direzione, data la loro scarsità, stanno dando il colpo di grazia ad una tradizione di medicina territoriale che ai tempi dei medici condotti era tra le migliori dei paesi europei.
E’ di questi giorni la notizia che per attirare giovani medici e immetterli nel circuito lavorativo più in fretta, è stato deciso di permettere loro di partecipare ai bandi per la medicina generale e iniziare l’attività pratica sui pazienti non già con il diploma di formazione ottenuto, ma con la sola iscrizione al corso.
La soluzione lascia molto perplessi, anche perché mostra chiara la sua natura emergenziale e disperata, una mossa che di fatto nega l’importanza della formazione regionale triennale solo da pochi anni introdotta. Inoltre, tale percorso non viene sostituito da nessuna altra misura formativa
certa, ma il giovane medico viene “gettato nella mischia” direttamente.
Ne ho parlato con un Medico di Medicina Generale di lunga esperienza e vicino alla pensione, il Dr. Antonmaria Mussini di Vigevano. Per prima cosa mi conferma la difficoltà di trovare un successore.
Quando ancora pochi anni fa ci sarebbero state le file dei candidati, oggi lui e molti altri colleghi faticano a trovare medici disposti ad ereditare il loro bagaglio professionale ed operativo.
Mi conferma: “Oggi si assiste alla conferma della grave sottostima di decenni fa circa il numero dei medici da calcolare come fabbisogno per il paese. In particolare, mancano drammaticamente i MMG. I MMG che vanno in pensione non hanno eredi nella maggior parte dei casi e i MMG in
attività si sobbarcano i tanti assistiti senza medico senza neppure poterli iscrivere.”
Sulla decisione di affrontare il problema avviando alla professione direttamente i giovani medici con la sola iscrizione al corso triennale, non nasconde il suo dissenso.
“Il MMG oggi deve seguire tre anni di formazione prima di poter essere MMG e praticarne l’attività. PRIMA NON SONO ANCORA MMG e, ragionevolmente, non sono ancora sufficientemente formati.” E aggiunge: “Si è pensato come pura misura di necessità emergenziale di concedere loro
di essere MMG operativi anche senza aver ancora completato il corso. È emergenza, si, ma ogni logica critica è a portata di mano e chissà che non si producano conseguenze medico legali.”
Gli chiedo cosa proporrebbe allora in base alla sua grande esperienza nel ruolo. Mi ricorda che “Tanti anni fa i sindacati e le società culturali del MMG proposero di rendere obbligatorio per i nuovi MMG una sorta di tirocinio presso un medico in via di pensionamento per una formazione
assistita sul campo con il contributo di esperienza che il vecchio medico avrebbe trasferito al nuovo medico. Questa è proprio l’occasione per farlo! Il nuovo medico sarebbe formato ma anche tutelato, lui è gli assistiti, dal vecchio medico ancora presente in studio con vantaggio, proficua formazione e serenità per tutti.”
E’ vero che l’emergenza richiede misure drastiche, ma proprio per questo il Dr. Mussini ritiene che questo sia il momento giusto per agire con oculatezza e discernimento, superando storiche pastosità e ostruzioni. Mi ripete che “È il momento giusto per provvedere rapidamente
all’istituzione di un tirocinio formativo presso il vecchio medico, magari prolungando di un paio danni la sua carriera a favore di questo ruolo formativo che tutelerebbe tutti; assistiti, medico giovane e forse anche altre figure. Del resto, già ora il Mmg fa tutoraggio agli studenti di medicina
e tale esperienza è di piena soddisfazione per studenti e MMG stessi. Qualche mese di formazione obbligatoria sulle tante pratiche burocratiche, davvero complesse e essenziali nella quotidianità per gli assistiti e poi subito in studio a fianco del MMG tutor. ” Si darebbe in grande servizio agli assistiti, “rassicurati dalla presenza del loro medico storico di fiducia che si occupa di formare il nuovo medico trasferendogli competenza, esperienza e, soprattutto, la conoscenza di anni dei suoi assistiti.”
Parlando con il Dr. Mussini si nota subito che tutte queste proposte nascono dal Buon Senso e dalla esperienza pratica sul campo e non da una preconcetta critica di parte. Proprio questo approccio genuino al problema rende ancora più evidente la natura precaria delle misure, passate e presenti, prese dall’apparato del Sistema Regionale e Nazionale in tema di Medicina Generale. Misure nate sulle polverose scrivanie di chi non ha mai visto un malato, immerse nella penombra del risparmio ad ogni costo e prontamente inghiottite dal nostro Buco Nero.
Il Dr. Mussini non risparmia una punta verso il sistema, quando aggiunge: “La funzione di tutor dovrà essere in qualche modo riconosciuta ma non vedo problemi di spesa dato che ora il SSN sta risparmiando sugli assistiti senza medico.”
Poi chiude dicendo che “Con un po’ di sano e solerte decisionismo si può da subito strutturare la cosa” evitando la pseudosoluzione sinceramente poco sostenibile ora adottata, rispetto alla quale mi chiede “Chi ci dice che qualche magistrato non troverà elementi per bloccare tutto?”
Giunti a questo punto sono chiari i problemi di fondo. La mancanza dei medici è solo una concausa della crisi della Medicina Generale, una condizione che si affianca e la rende più evidente. Ma la vera causa è la incapacità del Sistema Sanitario Nazionale di riformare drasticamente l’istituto della medicina di base, riconducendolo nell’alveo di un rapporto di lavoro regolare, dove doveri e diritti vengono fissati tramite una contrattazione nazionale e non emergono da negoziazioni interminabili
e spesso infruttuose Regione per Regione o, in alcuni casi, ASL (ATS in Lombardia) per ASL.
Non dico che bisogna accogliere tutte le richieste dei Medici di Medicina Generale, ma sono anche certo che la deriva burocratica ossessiva, minuziosa e spesso assurda e fine a sé stessa delle ASL non costituisce la risposta. E’ necessario reintegrare Ospedale e Medicina di base, abolendo gli assurdi divieti al lavoro nati sulla scia di certi fondamentalismi ideologici degli anni Settanta e ottanta. E’ necessario regolamentare a livello nazionale il contratto di lavoro dei medici della Medicina Generale, uscendo dalla bigotta dicotomia di un libero professionista con stipendio certo pubblico e accesso regolamentato e limitato alla professione.
Infine, è necessario prendere in mano seriamente la formazione dei Medici di Medicina Generale, che non può continuare ad essere figlia di un Dio minore, affidata a realtà costituite autonomamente nelle logiche delle singole Regioni e senza la garanzia strutturale della formazione universitaria regolare.
Concludendo è evidente che l’unica soluzione proposta, quella di rinunciare di fatto alla formazione permettendo che ampie parti della popolazione vengano assistite da medici non formati specificamente, non è una via condivisibile. Scartare per ottuse regole amministrative l’esperienza dei medici in via di pensionamento, escludendoli dal percorso formativo, è semplicemente poco intelligente. Offrire ai cittadini due livelli di sicurezza e garanzia diversi nella medicina generale potrebbe avere risvolti anche di responsabilità precisi. E allora non si provi a gettare tutto il fango sui giovani medici, mandati al fronte come furono i “ragazzi del ‘99”: carne da cannone preparata in fretta e furia in una guerra assurda, fratricida e inutile. Sarà inevitabile chiamare a rispondere chi ha permesso e deciso questo sistema bimodale e privo di garanzie vere.
La firma di un burocrate è necessaria ma non sufficiente per fare il medico, ricordiamocelo!
Così il Buco Nero della Medicina del Territorio, nutrito a dismisura dal disinteresse politico e dai teoremi del risparmio ad ogni costo, ha distrutto un patrimonio di conoscenza sia clinica che di buona amministrazione, che avremmo invece dovuto tutelare e trasmettere. Non sempre innovazione e reale progresso coincidono.
E allora faccio mie le parole del Dr. Mussini, che “Con un po’ di sano e solerte decisionismo si può da subito strutturare la cosa”, sperando che qualcuno ascolti. Magari aprendo una di quelle grandi finestre oscurate tipiche dei nostri ombrosi e polverosi uffici pubblici, lasciando entrare aria fresca e la luce del giorno. Stephen Hawking ha dimostrato, smentendo Einstein, che schivare il Buco Nero si può.
Bisogna però volerlo. A volte anche a rischio di non accontentare tutti equamente e di spostare qualche altarino.