di Luciano MENEGHETTI
Il governo ha approvato la prima di una serie di disegni di legge con cui, nel corso di questa legislatura, esso intende rendere finalmente “garantista” e aderente al principio costituzionale del “giusto” processo il sistema penale italiano.
Questa esigenza è forse il più grande lascito che dobbiamo a Silvio Berlusconi.
Questo primo progetto di legge, studiato dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, va subito a colpire alcuni “buchi neri” della giustizia penale italiana e non può, quindi, che essere apprezzato.
1) ABOLIZIONE DEL REATO DI “ABUSO D’UFFICIO”.
Finalmente verrà eliminato dal nostro ordinamento quello che è diventato, nella prassi, non più un reato “comune” ma un reato “politico”: si denuncia l’amministratore pubblico che non piace per atti del suo ufficio.
Se pensiamo che (fonte “Sole 24 ore”) nel 2021 vi sono state 4.725 denunce per “abuso d’ufficio” e solo 18 condanne per denunce precedenti, si comprende quanto questo reato sia, non “evanescente” come si è limitato a dire Nordio per carità di patria, ma proprio “irreale”.
Sottoporre il 99% delle persone denunciate, con costi economici, umani e familiari inaccettabili, a processi che poi sfociano in assoluzioni, è un’incivile tortura pubblica.
Altro che semplice “paura della firma”, con il conseguente blocco delle opere pubbliche.
Col reato di “abuso d’ufficio” si è trasformato “l’eccesso di potere” come vizio dell’atto amministrativo in reato penale, allo scopo di colpire i politici.
Un mostro giuridico che solo un ex magistrato come Nordio poteva avere il coraggio di abbattere.
2) NON PUBBLICABILITÀ DELLE INTERCETTAZIONI RELATIVE A TERZI NON INDAGATI.
Imporre ai magistrati di non indicare nei loro provvedimenti i nomi dei terzi non indagati emersi nelle intercettazioni che utilizzano, non è un provvedimento di “civiltà giuridica” ma proprio di “civiltà” senza aggettivi.
Solo un ex P.M. come Nordio, il quale sa bene che l’unico motivo per cui tali nomi vengono scritti è perché li si vuole rendere pubblici, poteva pretendere che nell’uso delle intercettazioni i magistrati tutelino la “privacy” delle persone.
In una nazione democratica si tutelano i cittadini, non l’interesse di qualcuno a “sputtanare” in pubblico la persona politicamente invisa.
3) UN COLLEGIO DI TRE MAGISTRATI E NON UNO SOLO DOVRÀ DECIDERE SE MANDARE IN CARCERE UN SOGGETTO PRIMA DELLA CONDANNA E SOLO DOPO AVERLO INTERROGATO.
L’art. 13 della Costituzione (che molti definiscono “la più bella del mondo” solo quando gli conviene e se gli conviene) è il più importante perché tutela il bene primario di ognuno: la libertà.
Chi critica ci dovrebbe, quindi, spiegare cosa ci sia di male nello stabilire che sulla privazione della libertà di un denunciato non ancora condannato, a maggiore garanzia per l’indagato si debba prima ascoltare la sua versione e che la decisione sia presa da tre magistrati e non da uno solo.
4) INAPPELLABILITÀ DA PARTE DEL P.M. DELLE SENTENZE DI ASSOLUZIONE PER I REATI MENO GRAVI.
Non si comprende come i magistrati possano essere contrari a questa regola che permette di concentrare le loro forze sulla repressione dei reati gravi, deflazionando il numero dei processi e senza “accanirsi” su persone assolte per reati cd. “bagatellari”.
Non è forse meglio impegnarsi a mandare in galera i mafiosi, piuttosto che disperdere energie per condannare, ad esempio, uno assolto dopo essere stato trovato con 10 grammi di hashish in tasca?
A onor del vero questa misura andrebbe affiancata dall’eliminazione del divieto della “reformatio in pejus” della condanna in caso di appello dell’imputato. In questo modo si deflazionerebbero ancora di più i processi: se l’imputato sapesse che impugnando la condanna potrebbe anche andargli peggio, ci penserebbe due volte ad appellare e i processi finirebbero prima, con vantaggio anche per le casse dello Stato.
In conclusione, quello iniziato dal Governo e dal Ministro Nordio è l’inizio di un percorso che sarà sicuramente accidentato, ma che da troppi anni è bloccato per le resistenze del potere giudiziario.
Speriamo sia la volta buona.
Silvio ci guarda da lassù.