di Giorgio De Biasi
Per esistere e continuare ad esistere molte oligarchie ma anche molte democrazie hanno bisogno di un “nemico”, di un “avversario”. Poco importa chi questo sia poiché in ogni caso può essere cambiato nel trascorrere del tempo e in base agli interessi del momento.
Quello che importa è ricercare, trovare ed indicare al mondo quel soggetto politico, quell’attore sociale, quella istituzione, quello Stato, quel governo o quella persona che possa raccogliere su sé stesso tutto l’odio possibile che l’aggressività del potere ha fomentato.
Un’aggressività del potere che fomenta le guerre dentro le quali sia il potere oligarchico che quello economico non si preoccupano della gente, di quella gente che l‘odio subisce.
Un’aggressività del potere che è sempre capace di trovare i soldi per preparare e portare avanti le guerre e per finanziare gli armamenti dei rispettivi eserciti.
La gente non ama la guerra ma la classe dirigente che detiene il potere si rilevala oggi più di ieri “bellicosa” e “prigioniera” di una isteria bellica incomprensibile.
Nonostante ciò che dicano i nostri TG, il Corriere della Sera, Repubblica e gli altri media asserviti al Governo Draghi un dato emerge: per la gente la guerra Ucraina-Russia è solo una calamità infinita.
In uno Stato come l’Italia, governato da un esecutivo di “unità nazionale” ma in effetti null’altro che un “commissariamento” di fatto della politica determinato non dalle scelte del popolo ma da quelle del Presidente della Repubblica seppur legittimate dal voto di fiducia espresso dal Parlamento al Governo Draghi, qualsiasi “pensiero critico” viene oggi considerato inopportuno o, peggio ancora, come una malattia mentale da curare.
Oggi la stragrande maggioranza dei media addirittura esclude che si possa permettere la libertà di espressione, la libertà di parola mentre quelle voci che dissentono dal “pensiero unico” e dalla “cultura della cancellazione” vengono escluse da ogni dibattito e da ogni comunicazione.
Chiunque, io compreso, rivendichi simili libertà viene considerato un pazzo, un malato, un caso patologico da rimettere nelle mani dei media asserviti che – piano piano – lo rieducheranno insegnandogli a riallinearsi al “pensiero unico” fino a quando non sarà definitivamente “riassorbito”.
In questo clima la verità del “pensiero critico” è sempre menzogna degna d’essere odiata mentre la verità del “pensiero unico” deve essere sempre lodata ove addirittura sancita giusta con apposita legge.
Seguendo le trasmissioni televisive di “regime” è possibile notare che, quanto più il pensiero critico è suffragato dalla conoscenza e dallo studio della materia oggetto dell’esame, tanto più è osteggiato dal pensiero unico che, senza controbattere con altrettanta scienza e conoscenza, bolla l’interlocutore come “nemico” da isolare ove non abbattere.
Poi verrà un giorno in cui il solco tra il “pensiero critico” e la censura del “pensiero unico” diventerà tale da rendere invivibile la società per gli uni e per gli altri.
Forse allora anche il risultato elettorale non basterà più a legittimare la responsabilità di governare ed una parte di popolo si opporrà all’altra.
Ecco perché io sto dalla parte di coloro che vogliono poter parlare e sono contro coloro che non vogliono concedermi il diritto di farlo.