Il populismo del SI e il pragmatismo democratico del NO
di Giorgio De Biasi
A breve irromperà nelle vacanze estive il dibattito sul referendum indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale dal titolo “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”
Approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati l’8 ottobre 2019, il testo di legge prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato
La citata legge di revisione costituzionale è stata approvata in doppia lettura da entrambe le Camere a maggioranza assoluta, ex articolo 138 comma 1 della Costituzione, ma poiché in seconda deliberazione la legge non è stata approvata a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, un quinto dei senatori ha potuto richiedere il referendum confermativo, come da comma 2 dell’articolo 138.
Infatti, così è stato poiché In seconda deliberazione al Senato della Repubblica la legge è stata approvata senza raggiungere la maggioranza qualificata dei due terzi, in ragione del voto contrario espresso dai senatori del Partito Democratico e di Liberi e Uguali che in quell’11 luglio 2019, erano all’opposizione e non governavano, nonché grazie alla non partecipazione al voto di Forza Italia.
Pertanto, il provvedimento non è stato direttamente promulgato proprio per dare la possibilità di richiedere un referendum confermativo entro i successivi tre mesi da parte di un quinto dei membri di uno dei due rami del Parlamento, di cinquecentomila elettori o di cinque consigli regionali.
Tale facoltà è stata esercitata da 71 senatori che hanno depositato la richiesta di referendum presso la Corte suprema di cassazione il 10 gennaio 2020.
Ecco la storia del perché il 20 e 21 settembre andremo a votare SÌ oppure NO tenendo presente che Il referendum non richiede il raggiungimento di un quorum per avere efficacia. Basterebbe, per assurdo, un solo voto indipendentemente dal SI o al NO per approvare o respingere la modifica costituzionale.
Sino a ieri il voto per il SÌ sembrava ormai scontato, sia per effetto dell’accordo PD-M5S siglato nel corso dell’intesa che ha portato al governo CONTE/bis ma anche e soprattutto perché: M5S – Lega Nord – Partito Democratico e Fratelli d’Italia si sono espressi pubblicamente per il SÌ, raggiungendo così la maggioranza degli elettori.
Ma poi è arrivata “l’anima inquieta” di un PD all’interno del quale si è accesa la disputa sulla necessità di votare NO sia per mantenere fede alla promessa fatta agli iscritti votando per ben tre volte NO la legge, ma anche perché il Segretario PD Zingaretti reputa pericoloso “Votare a favore del referendum sul taglio ai parlamentari senza una nuova legge elettorale”
Da quella dichiarazione in poi, un PD, già dilaniato al suo interno per altre vicende (non da ultimo la mancata revisione dei decreti sicurezza di Salvini), sta esaminando coerentemente alla luce dei tre voti NO già espressi, la possibilità di indicare agli elettori il voto NO.
È chiaro a tutti che tale eventuale scelta produrrebbe una crisi di governo che nessuno vuole, primo fra tutti un Presidente della Repubblica il cui silenzio sulla reiterazione dei DPCM è assordante.
Ecco allora che, con grande spudoratezza, il PD va alla ricerca di una legge elettorale che gli consenta, dopo il taglio dei parlamentari, di “piazzare” il maggior numero possibile di deputati e senatori sugli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama.
Tutta questa storia dimostra “lo squallore” in cui versa la nostra classe politica: una classe politica che insegue sogni populisti e/o che si vende tre voti contrari alla legge pur di arrivare al Governo.
Nessun parlamentare vorrebbe lasciare lo scranno ma non per questo deve essere mandato a casa.
Devono essere licenziati coloro che non fanno il loro dovere, coloro che stanno lì perché il Segretario del loro partito politico gli ha dato il posto poiché prima fedeli e poi intelligenti. Perché sempre pronti a votare la fiducia anche quando vorrebbero mandare a quel paese Segretario e partito.
Ebbene, è bene dirlo ad alta voce, a molti italiani poco interessa se i Parlamentari siano tanti o pochi ma interessa che siano intelligenti ed onesti ovvero capaci di condurre la responsabilità della rappresentanza politica nel massimo livello.
A molti non interessa se sono 630 o 400 ed anche 315 o 200.
A molti, viceversa, interessa che siano intelligenti, preparati culturalmente, onesti e senza conflitti di interesse ma soprattutto, scelti con nome e cognome dal popolo.
A molti interessa che lavorino sodo governando il Paese nell’alternativa democratica di una nuova repubblica dove al termine del voto si sappia chi governerà e chi costituirà una democratica opposizione.
Ma cosa volete che interessi se sono 345 piuttosto che 945.
L’importante è che sappiano “guadagnarsi la pagnotta” facendo buone leggi e cancellando quelle sbagliate fatte solo per favorire uno e non tutti.
In politica, come in famiglia, dal confronto e dalla discussione nasce sempre una sintesi di verità fino a quando tutti discutono intorno allo stesso tavolo.
Quando invece si discute in pochi emerge solo la verità di pochi e non quella del popolo.
Un vecchio politico, prima di ogni riunione, spesso chiedeva quanti fossero i presenti e gli assenti e quando qualcuno gli ha chiesto il perché di questo suo interesse gli ha risposto:
“Nelle riunioni sono importanti gli assenti ed i presenti perché se i partecipanti sono 5 di cui uno assente e due malati allora va benissimo così decidiamo solo noi due.”
Eccola la vertà di un M5S e di un PD che spingono affinché, con meno parlamentari e legge elettorale che lo consente, vogliono decidere tutto senza fare implodere dall’interno il loro partito che, ormai, sarà costituito solo da solo “fedeli”.
Ogni amante della Democrazia Parlamentare e perfettamente conscio della necessità di sottoporre sempre e comunque coloro che governano alla legittima verifica dell’elettorato, voti come vuole ma tenendo presente che si modifica quella Costituzione che i nostri padri hanno creato e che, tutto sommato, ha sin qui salvaguardato la nostra libertà, consentendoci anche – non dimentichiamolo – d’essere quella nazione i cui cittadini hanno in banca il più alto risparmio personale.