RESIDENZA ANAGRAFICA AI RICHIEDENTI ASILO: POCHE IDEE MA CONFUSE!
di Luciano MENEGHETTI
Sul Corriere della Sera di oggi campeggia l’intervista al Vescovo di Chieti Forte in merito all’argomento del giorno: la residenza anagrafica ai richiedenti asilo e in genere l’applicazione delle nuove norme sull’immigrazione contenute nel recente “Decreto Sicurezza”.
Alla domanda del giornalista se sia giusta l’obiezione di coscienza contro il Decreto Sicurezza, il Vescovo risponde che bisogna distinguere due piani. Quello pubblico in cui ogni legge dello Stato va rispettata e se ritenuta “sbagliata”, come egli la considera in vari punti, cambiata ricorrendo alla Consulta. Poi c’è il piano etico, aggiunge il Vescovo, sul quale “non c’è legge umana che tenga” dice e conclude: “Se mi viene imposto qualcosa di contrario alla mia coscienza, l’obiezione di coscienza è giustificata”.
Visto che il Corriere della Sera lo presenta come un Vescovo “teologo”, la teoria esposta appare ancor più pericolosa: se Egli esprime il pensiero della Conferenza Episcopale Italiana non c’è da stare allegri.
Su entrambi i piani esprime concetti gravi. Su quello pubblico confonde la disapprovazione di una legge con la sua illegittimità’ costituzionale.
Secondo lui per impugnare le norme davanti alla Consulta non sarebbe necessario ritenerle incostituzionali, ma basterebbe considerarle “sbagliate”. Ogni volta che non ci piacciono si va da “mamma Consulta”.
Già questa è una grave stortura del sistema democratico: che l’avallo venga da un così alto “pulpito” lascia perplessi.
Ma è sul piano etico che le affermazioni del presule lasciano increduli.
Il Vescovo non si rende conto di aver detto due cose in contraddizione tra loro: se ogni legge va rispettata non è possibile che quando la ritengo in contrasto con la mia coscienza, io sia libero di non applicarla, invocando una mia personale “obiezione di coscienza”.
Le due cose sono in conflitto.
Il Vescovo Forte dovrebbe ricordare che è la legge che legittima l’obiezione di coscienza e non il contrario.
Perché’ dico ricordare? Perché’ il caso più famoso e conosciuto di obiezione di coscienza legale è proprio quella prevista da una legge che disciplina una materia molto cara alla Chiesa: l’aborto.
Se la legge 194/78 non la prevedesse nessun ginecologo e nessuna ostetrica potrebbe rifiutarsi di praticare gli aborti, pena la commissione di un reato.
Pertanto invocare l’obiezione di coscienza, senza che essa sia prevista dalla legge, in materia di immigrazione, confonde le idee ai cittadini, legittimando impropriamente illegittime disapplicazioni di norme dello Stato.