TIFO CRIMINALE
di Giorgio De Biasi
Dissentire stamane dal coro delle voci che gridano alla preoccupante penetrazione del “razzismo” nel calcio italiano, non è semplice ma si deve pur farlo per fare emergere le vere ragioni che si nascondono dietro ai “bohh” indirizzati da alcune tifoserie ai calciatori di colore che militano nelle squadre italiane.
Per argomentare è necessario ricordare non solo agli addetti ai lavori:
1) che quasi tutte le Squadre Italiane hanno nel loro organico atleti di colore;
2) che tutte le tifoserie delle Squadra Italiane non hanno mai indirizzato “bohh” agli atleti di colore che militano nella Squadra per cui tifano;
3) che tutti gli atleti di colore che militano nelle diverse Squadre sono – GIUSTAMENTE – sensibili ai “bohh” ed ai “cori razzisti” che le tifoserie delle Squadre avversarie indirizzano loro;
4) che tutti, dico tutti, i calciatori di “A” e “B” sono particolarmente sensibili agli insulti che le tifoserie avversarie gli indirizzano.
5) che i “bohh” ed i “cori razzisti” sono sempre diretti verso calciatori con elevate prestazioni atletiche che, molto spesso, risultato determinanti per il buon risultato nel campionato delle Squadre in cui militano.
Sulley Muntari, Kalidov Boulibiany, Mario Balottelli, Blaise Matudi, Kevin Prince Boateng, Raheem Sterling, Juan Silveira dos Santos ma anche molti altri atleti ci colore delle serie minori sono stati sovente oggetto di “bohh” e “cori razzisti”.
Nella letteratura sportiva degli ultimi possiamo leggere tutte le “reazioni” che questi calciatori hanno introdotto di fronte all’insulto.
Alcuni hanno lasciato il campo, altri hanno indirizzato gesti verso la tifoseria che insultava mentre altri ancora si rivolgevano all’arbitro per la sospensione della partita.
IN TUTTI, comunque, È SUBENTRATO UN CALO DI CONCENTRAZIONE SPORTIVA CHE HA DETERMINATO NEGATIVAMENTE LA LORO PRESTAZIONE SPORTIVA IN QUELLA GARA E – quasi sempre – UN RISULTATO NEGATIVO PER LA LORO SQUADRA.
Questo è il vero scopo dei “bohh” che la letteratura definisce “cori razzisti” che in effetti sono propri di un “TIFO CRIMINALE” teso a determinare, attraverso l’indebolimento psicologico dei suoi migliori atleti, la prestazione negativa della Squadra avversaria.
Questo “TIFO CRIMINALE” non ha solo lo scopo di raggiungere l’obiettivo sportivo: “indebolire l’avversario”.
Dietro una “TIFOSERIA CRIMINALE” che utilizza il mezzo appena descritto per far perdere una partita si nascondono veri e propri obiettivi criminali quali:
1) la necessità di accreditarsi nei confronti della società quale “soggetto collettivo” capace di modificare un risultato al fine ultimo di ottenere dalla società stessa “atteggiamenti permissivi” in termini di biglietti, vendita di gadget, agevolazioni per il gruppo dirigente;
2) facilitazioni di contatto con i calciatori che determinano quasi sempre l’ascesa di singoli soggetti nella “catena di comando” della tifoseria.
Non è poi da escludere il fatto che una partita “modificata” per quel nervosismo che pervade calciatori di colore e non insultati, possa favorire nell’ambito delle scommesse la “giocata” singola e/o collettiva effettuata.
Dietro a quei “bohh” si apre un mondo malavitoso la cui “catena di comando” risulta difficile da individuare in assenza di specifiche normative legislative che consentano mirate intercettazioni, serrati controlli e monitoraggi delle attività che le tifoserie realizzano sia nelle competizioni casalinghe che durante le trasferte ma anche e soprattutto nell’attività giornaliera che svolgono perché: QUESTO È IL LORO LAVORO SVOLTO.
Trattare la materia con il solo riferimento “razzista” è, a mio parere, fuorviante dal vero e proprio obiettivo che le “catene di comando” del “TIFO CRIMINALE” si propongono.
In tale ottica devono anche inquadrarsi gli scontri che si svolgono prima della competizione. Scontri che, se bene analizzati nel “modus operandi” di chi li compie risultano anch’essi finalizzati a determinare quell’incertezza nella prestazione atletica dei singoli calciatori che può modificare il risultato della stessa.
Individuare i componenti delle “catene di comando” di queste tifoserie “criminali” risulta essenziale per fornire una adeguata risposta ad un fenomeno la cui complessità non è stata ancora pianamente compreso sia dallo sport che dal legislatore che viene invitato a trattare la problematica tenendo ben presente che dietro un risultato sportivo positivo o negativo, che si determina tale per le ragioni appena esposte, si nasconde, sempre, un disegno criminoso di vasta portata.
e dietro un risultato sportivo positivo o negativo, che si determina tale per le ragioni appena esposte, si nasconde, sempre, un disegno criminoso di vasta portata.