ULTIMO FRA GLI ULTIMI
di Giorgio De Biasi
Forse perché da apprendista operaio metalmeccanico sono passato sotto il “tallone di ferro” degli operai specializzati o forse perché, poi, nella Polizia di Stato mi sono dovuto sorbire brigadieri, marescialli, ispettori, vice questori e questori che misuravano la loro intelligenza in base alla quantità di gradi che ricoprivano le spalline delle loro uniformi, ma forse anche perché da atleta non sono mai riuscito ad andare sotto, negli 800 metri, i 2 minuti netti, io ho sempre nutrito una forte simpatia per i perdenti.
Coloro che perdono con dignità dopo essersi battuti per le loro idee o per un progetto condiviso mi entrano nel cuore, mi fanno tenerezza facendo nascere in me il desiderio di chiedergli di cimentarsi nuovamente nelle contese che la vita ci sottopone giorno dopo giorno.
Invece mi crea enorme fastidio e disgusto l’arroganza che emerge quando il vincitore sale sul gradino più altro del podio pensando d’essere arrivato “lassù dove nessuno può arrivare. Lassù dove solo lui, e non altri, possono arrivare.”
In politica. In questa nostra politica, l’arroganza del vincitore la si tocca con mano nel momento in cui, non tenendo in debito conto il risultato elettorale, ci si accinge a salire il gradino più alto del podio senza sapere che se qualcuno ha perso in verità nessuno ha vinto.
E così Berlusconi ha la mia simpatia, la mia vicinanza. Lui uomo potente, imprenditore come pochi, capo assoluto di un partito guidato solo da lui dall’alto di un “predellino” di una vettura oggi viene “accantonato” da un Salvini che ha solo 4 punti di vantaggio su di lui e da un Di Maio che considera “esauriti” tutti gli esseri umani che hanno superato il 60esimo anno di età.
E così Renzi ha la mia simpatia, la mia vicinanza. Lui uomo potente del massimo fulgore del Partito Democratico e oggi messo alla gogna dai suoi stessi fedeli che pur di mantenere il seggio sarebbero disposti ad ogni abiura.
Che l’uno e l’altro siano dei perdenti è un dato di fatto. Ma a loro, come tutti i perdenti, devono essere lasciate intatte tutte le pari opportunità per tutti i tentativi che vorranno fare per riaffermare la loro idea perdente.
Ma visti i risultati elettorali, siamo poi proprio sicuri che la loro idea sia un’idea perdente?
Per definire un’idea perdente è, a mio avviso, necessario, confrontarla con quella vincente. Ma qui, in questa Italia, un’idea vincente non esiste e, difatti, il gradino più alto del podio sarà occupato da più vincitori che finiranno per litigare tra loro per prendere l’unica medaglia disponibile.
Di fronte ad un Nord che “paga sempre” e ad un Sud “che sempre riscuote” si intravede un Italia che non vuole essere governata perché è meglio restare senza regole piuttosto che averle da rispettare. Se non ci sono regole e programmi definiti e definitivi ogni trattiva è permessa ogni “suk arabo” sarà consentito, ogni scambio sarà possibile.
Meglio quindi avere leggi da interpretare piuttosto che avere leggi da osservare e basta.
Recentemente ho sentito un amico che si riproponeva di pensare seriamente di andare a vivere in un Paese diverso dall’Italia.
Io resto in Italia e mi collocherò fra i perdenti come ultimo degli ultimi per continuare a ragionare con la mia testa tanto a me “la borraccia dell’acqua” non la passerà nessuno mentre ai vincitori la stanno passando in tantissimi.