di Giorgio De Biasi
La morte di 290 persone massacrate inermi negli attentati dello Sri Lanka e gli oltre 500 feriti hanno sconvolto le festività pasquali, il mondo intero e la totalità dei cattolici che assistono, anch’essi inermi, agli attacchi e devastazioni delle loro chiese nel mondo.
Alcune persone che seguono da vicino Realizzare Insieme ma anche la Finestra del Futuro si sono chieste il perché del silenzio che questa sera è superato con l’invito ad innalzare verso colui al quale si crede una preghiera per i morti ed una richiesta di aiuti per i feriti.
Il silenzio era imposto dalla necessità di non commentare superficialmente fatti e accadimenti di cui si conosce solo la realtà giornalista e televisiva.
Questa sera ed in assenza di credibili rivendicazioni restano ancora sconosciute le vere motivazioni che hanno determinato le stragi anche se, come ammesso dallo stesso Governo dello Sri Lanka , le indagini riguarderebbero anche il noto radicale e musulmano gruppo jihadista locale “National Thowheed Jamath”.
Secondo Rita Katz – direttrice del Site (il sito che monitora le attività dei jihadisti online) “dilagano” sui canali media affiliati all’ISIS moltissimi post in cui vengono pubblicate preghiere affinché “Allah accolga” gli attentatori.
Anche se diviene difficile ipotizzare e men che meno attribuire precise responsabilità non si può ignorare che i sostenitori dell’Isis celebrano la strage, forse nella convinzione che gli attacchi contro chiese e hotel dello Stato insulare rappresentino una vendetta per la carneficina del mese scorso in due moschee di Christchurch (Nuova Zelanda) in cui morirono 50 persone.
Questo dato, unitamente a quello riconducibile al “modus operandi” degli autori che si sono fatti esplodere con le loro bombe, possono inquadrare le stragi dentro ad uno scenario probatorio nel quale il terrorismo islamico e la Jihad hanno un ruolo fondamentale.
Molti analisti ma anche personalità politiche e la stessa Chiesa Cattolica mantengono un prudente profilo nel rispondere a coloro che invocando l’esigenza di riconoscere che il terrorismo islamico null’altro è che una “guerra di Religione” finalizzata alla conquista della cultura occidentale e delle nazioni che in essa si riconoscono, chiedono il ritorno “alle crociate”, ovvero chiedono di abbandonare quella politica di accoglimento e integrazione sin qui adottata dalla Chiesa Cattolica, dal Governo e dai partiti della sinistra.
Difficile in questa sede esprimersi con scienza e conoscenza su questo tema.
Non risulta però difficile registrare il parere di alcuni “addetti ai lavori” che svolgendo la loro attività investigativa nell’ambito della lotta al terrorismo islamico hanno testimoniato come nel corso di più intercettazioni telefoniche e ambientali si materializzi quasi sempre fra gli intercettati un profondo odio nei confronti della cristianità e dell’occidente, quasi sempre unito ad un sentimento di disprezzo verso l’Infedele.
È certo che gli intercettati sono la sparuta minoranza della popolazione mondiale che abbraccia il credo islamico.
Una sparuta minoranza che deve però essere costantemente monitorata e perseguita per non ritrovarci di fronte a stragi simili a quello dello Sri Lanka
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