Tra trenta giorni si vota. Queste elezioni tanto attese come un evento decisivo, ahinoi non porteranno nulla di significativo se non assegnare, come in un concorso, dei posti a tanti disoccupati. La composizione delle liste, tranne che in pochissimi casi, da’ la plastica visione di un modo di concepire le elezioni come una sorta di surrogato dell’occupazione. Il posto è sacro, tenendo presente che il lavoro è tutt’altra cosa.
Si è consumata una gara al “posto” tra i molti che vogliono conservarlo a tutti i costi, non essendo in grado di fare altro, e tra gli altri che non sapendo fare molto vi aspirano. I pochi che avendo capacità per cimentarsi nel difficile lavoro del politico hanno avuto qualche risicato collegio se non addirittura candidature ad estremo rischio di successo. L’importante era garantire il posto ad esempi di coerenza e virtù, (lo scandalo della Banche è emblematico), ai servi ultrafedeli (di leali ormai sono rimasti solo i cani), ai voltagabbana di ogni stagione.
In questo mercato veramente “basso” fortunatamente appaiono un pugno di candidati, suddivisi in quasi tutti gli schieramenti, che rappresentano quel volto pulito, sapiente e produttivo della gran parte della nazione ed a cui si può e deve concedere fiducia.
Senonché la legge elettorale non ci consente di dare fiducia ad una persona, anzi, nelle coalizioni, la fiducia al partito si trasforma, secondo la logica della spartizione con cui sono state formate le liste, nella fiducia al candidato (posizionato in alto nel listino) di un altro partito coalizzato, anche se noi elettori di tale candidato non abbiamo alcuna fiducia. Questo ci fa capire, come egregiamente ha detto recentemente il Professor Galli della Loggia sul Corriere, che i parlamentari eletti non contano nulla e dovranno votare secondo le rigide indicazioni del partito, salvo che, come è accaduto massicciamente nella legislatura che tramonta, non si si cambi partito per scrupoli morali e di coscienza (casi rari) o per convenienze di dubbia moralità (i più).
A questo punto che fare? Personalmente andrò ed invito gli amici ad andare a votare. Questo per rispetto alla democrazia, intesa come bene insostituibile e comune e non certo per paragoni di responsabilità come ha voluto richiamare il presidente della Repubblica tra le classi del “1899” e “1999”. Per il rispetto e la verità dovuta, la classe 1899 andava sul Carso a morire in trincea e non certo a porre una croce con un lapis in una cabina elettorale.
Per chi votare è un consiglio proibito, ma con l’attuale legge elettorale propongo una riflessione.
Siccome tutti facciamo parte di una giuria per l’assegnazione di un posto di lavoro, peraltro ben retribuito e dignitoso, quale commissario d’esame se reputo il candidato idoneo e preparato lo voto, se, invece, si arrampica sugli specchi con una preparazione inadeguata e superficiale, voto solo il simbolo del partito della coalizione.
In tal modo i partiti dovrebbero capire che il candidato, anche se eletto merce’ i loro magheggi nel posizionamento in lista, è un miracolato dalla posizione e non una persona che gode generale stima.
Nella scelta del partito voterò quello che mi da il maggior affidamento per chiarezza, linearità, coerenza, onestà intellettuale e valori espressi.
Infatti, al di là della stupidate che i candidati declameranno in campagna elettorale, siccome come abbiamo detto non contano niente o poco più, mi sento più tutelato dalla linea di un partito più o meno in linea con le mie idee piuttosto che da una persona non scelta liberamente.
Nicola IZZO